A Venezia, nel 1544, il pittore Tiziano Vecellio lavora senza sosta per portare a termine le numerose committenze che provengono dalle più importanti corti italiane ed europee.
Proprio in questo anno deve terminare uno stendardo “opistògrafo” (cioè dipinto sui due lati), commissionatogli dalla famiglia Della Rovere e destinato alla Compagnia del Corpus Domini di Urbino.
Ha già ultimato da un lato “L’ultima Cena”, adesso è impegnato nel dipingere la “Risurrezione”.
Un recente restauro, ha riportato l’opera all’originario splendore, svelando la tavolozza preziosa dell’artista veneziano: l’azzurrite, le lacche splendenti, il giallo di piombo, il verderame…
Nella composizione classicheggiante, perfettamente equilibrata, una immaginaria linea orizzontale separa la parte alta dai cinque personaggi che affollano lo spazio in basso, i quali si agitano in preda allo spavento per quella forza che li schiaccia verso terra.
Uno di essi cerca di guardare in alto, senza comprendere ciò che sta avvenendo.
Tiziano ci mostra con efficacia la terribile lotta dei figli delle tenebre, contro i figli della luce, e il trionfo vittorioso di questi ultimi.
Nello spazio superiore, con un’audace scorcio dal basso, possiamo contemplare la bellissima figura di Gesù nello splendore della risurrezione, con la sua pace serena, sembra muovere verso l’osservatore, portando il vessillo della vittoria e mostrando la piaga del costato, per i tanti Tommaso increduli. All’orizzonte si annuncia un nuovo giorno, il giorno senza tramonto, dove il sole è Cristo risorto, “le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove”. Scompaia in noi ogni tristezza, perché l’Amore ha vinto la morte.
Giuliana Lapi Degl’Innocenti