La morte di Cristo, rimane apparentemente una brutta morte.
L’incontro tra Dio e l’umanità diventa così totale, anche attraverso l’assunzione della colpevolezza e non solo della finitudine. Colui che ha sofferto ed è morto come ogni persona non cessa di essere l’IO-Sono eterno ed infinito.
Per questo San Paolo conclude il suo cantico ai Filippesi con l’ascensione gloriosa di Cristo che spezza il limite della morte e diventa il Signore della vita.
La morte non può essere l’ultima parola quando di mezzo c’è Dio.
La croce da patibolo infame si trasformava in trono del Signore che ritorna a risplendere nella gloria della sua divinità.
Con l’incarnazione mediante il Figlio Gesù Cristo, diventato uomo, Dio è entrato nella nostra storia ed ha attraversato il male, il dolore la morte sperimentandole sopra di sé.
La rivelazione di questa liberazione salvifica avviene in “quel primo giorno della settimana” dell’anno 30 della nostra era.