La nostra attenzione si concentra sulla esperienza di Dio che Mosè vive ai piedi del monte Horeb, davanti a un “roveto” che ardeva nel fuoco senza che il roveto si consumasse… Più che ad un fenomeno naturale l’evento ci rimanda alle manifestazioni, il fuoco rievoca la vicinanza e la trascendenza di Dio. La fiamma, infatti, è fuori di noi e, come la luce, non può essere afferrata, eppure ci attraversa con il suo calore e con il suo splendore ci riempie. Inoltre la epifania di Jahvè avviene in un luogo santo dove Mosè si toglie i calzari, come segno di umiliazione e di spogliazione di tutto ciò che è negativo.
I Padri della Chiesa nei primi secoli hanno accostato la scena dell’Horeb a Maria di Nazareth.
Sant’Ignazio di Antiochia scrive: “il nostro Dio, Gesù Cristo, fu portato nel grembo da Maria, perché ella proveniva dal seme di Davide. Ma questo avvenne per opera dello Spirito Santo”. Sant’Efrem scrive: “il grembo di Maria è stato reso fecondo non da un seme umano ma dalla folgorazione della luce divina”.