Dal vangelo secondo Marco Mc 13,33-37
La vita corre frenetica e il rischio, anche per un cristiano, è di farsi trascinare dal fiume delle cose che capitano, dal succedersi degli eventi e dei giorni. I tanti impegni e gli obiettivi quotidiani, spesso lodevoli, a volte necessari, a volte più effimeri, possono distogliere lo sguardo dall’obiettivo finale.
Gesù, rivolgendosi ai discepoli, e a noi, ci mette in guardia: “Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento”. Nella prima domenica di Avvento, il richiamo del brano evangelico è alla vigilanza, perché il padrone di casa che torna “non giunga all’improvviso”. I verbi vegliare o vigilare, infatti, tornano ben quattro volte in poche righe. Questo brano del vangelo di Marco è la conclusione del c. 13, che precede il racconto della Passione. E queto ripetersi del verbo vegliare ci riporta alla mente la richiesta che il Maestro di lì a poco farà ai discepoli nel Getsemani. Ma, prima l’inizio della Passione, nel c.13 Gesù svela a quattro discepoli, Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea, la venuta del Figlio dell’uomo sulle nubi con grande potenza e gloria.
Nonostante l’annuncio di grandi dolori, tribolazioni e segni percursori , l’invito è a vigilare, perché solo il Padre conosce quel giorno e quell’ora. Occorre dunque vegliare e perseverare nella prova, nella certezza che avrà fine. Tutto il tempo di Avvento ci richiama ad una preparazione e questa venuta del Signore. Il padrone ci casa della parabola contenuta nel brano affida ai vari servi un compito preciso, al portiere “solo” quello di vegliare. A parole diciamo spesso di sapere che la vita su questa terra è un passaggio, che attendiamo il Signore che viene. Non sempre la vita che viviamo fa il paio con queste affermazioni.
Questa richiesta del padrone al portiere fa bene all’uomo di oggi. A volte il tempo per il Signore pare “rubato” ed altre attività. Una richiesta a fare qualcosa, a ritagliare un po’ di tempo, forse sarebbe suonata più rassicurante. Con un po’ di organizzazione, avrebbe chiesto un qulche sacrificio, ma sarebbe stata ordinaria, accettabile. Gesù chiede invece di vegliare, di attenderlo, di fare una cosa radicale: fissare in lui il nostro sguardo, porre in lui la nostra speranza, All’uomo di oggi, tutto teso a fare, a correre, con quella mal celata presunzione, che si respira nella società odierna, di poter rispondere con la finanza, la scienza o la tecnologia a quasi tutti i problemi, questo messaggio può apparire duro e difficile, ma è liberante.
A ben guardare il padrone di casa non vuole cogliere di sopresa i servi. L’arrivo all’improvviso dipende piuttosto dal fatto che i suoi non lo stanno aspettando, tutti presi da altre attività. Preghiamo dunque di poter vivere fissand in lui lo sguardo, e di poter anche noi, un giorno dire come san Paolo nella seconda lettera a Timoteo: “Ho combattuto la buona battiglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede”.