Dal Vangelo secondo Luca Lc 2,16-21
Scena questa allo stesso tempo molto ordinaria e del tutto straordinaria. Ordinaria, perché un bambino nasce e qualcuno passa a trovare lui ed i suoi genitori; dopo pochi giorni viene circonciso, come nella tradizione della sua gente e gli viene dato un nome. Straordinaria, perché quel bambino che nasce è Dio, Dio che per amore si fa bambino, uomo di tutti i giorni, in una storia ed un tempo precisi, come nella condizione di ciascuno di noi. Nel racconto lucano questo brano del Vangelo rappresenta il primo annuncio della buona novella: da Maria ai pastori e dai pastori a “tutti quelli che udivano”. L’evento dell’Incarnazione porta con sè immediatamente una “dinamizzazione” nella vita di chi ne viene a conoscenza e ne fa esperienza. I pastori raccontano, tornano, glorificano, lodano: chi sperimenta ciò che gli è stato raccontato, a sua volta è spinto a diventare annunciatore.
Ecco dunque profilarsi la prima Chiesa che nasce dall’annuncio, ne sperimenta l’oggi (qui ed ora) di salvezza e la ritrasmette agli altri con l’annuncio. È una dinamica salvifica che nasce e si sviluppa nella povertà e nella semplicità delle persone e di mezzi, basando la propria efficacia sul messaggio, sulla capacità di incontrare i bisogni primari di senso di chi ascolta, sull’incredibile forza dell’impotenza di un bambino, così normale e così speciale. Il primo gennaio la Liturgia celebra Maria con i titoli di Madre di Dio e Regina della Pace. Questo legame fra maternità e pace che la Chiesa propone alla riflessione della coscienza dei credenti e degli uomini di buona volontà, ci chiede di interrogarci. Essere costruttori di pace e un po’ come essere madre, come portare una creatura da custodire e proteggere: è sapere di avere Dio in grembo, con il compito di custodirlo per darlo alla luce e farlo crescere. La pace nasce innanzitutto dal cuore dell’uomo, è da qui che si costruisce e diventa possibile anche a livello universale, perché scaturisce dalla consapevolezza di essere tutti fratelli, uniti dall’appartenenza al genere umano. Quanto siamo capaci dunque come individui e come Chiesa di costruire e custodire la pace, dentro di noi e fra i popoli, come una madre custodisce il suo figlio, come Maria ha custodito Gesù? Quanto oggi, come persone e come Chiesa, siamo portatori della buona novella che è annuncio di Pace e chiamata alla fraternità? Quanto ci verifichiamo con costanza sulla nostra capacità di dire Dio agli uomini di oggi e di crescere costruttori di pace?