Dal Vangelo secondo Marco Mc 9,2-10
Gesù porta con sé alcuni apostoli su un alto monte, in un posto appartato e si manifesta a loro nella sua divinità. Il Signore Gesù, Dio fatto uomo, ci invita ad “alzare lo sguardo” a “guardare in alto”, a prepararci ad un incontro diretto con lui, a scoprire il Mistero divino che governa il mondo e di cui ogni uomo è partecipe. L’invito non viene fatto a tutti i discepoli, ma solo ad alcuni, forse quelli, in quel momento, più pronti per vivere quell’esperienza. L’incontro a cui siamo chiamati non è generale, ma personale, Dio parla a ciascuno di noi perché per ciascuno ha un progetto particolare.
L’immagine della montagna richiama alla mente l’idea del silenzio, del distacco del mondo. Il salire, lo scalare la montagna prefigura quel cammino di preparazione, dell’animo e del corpo, spesso faticoso e difficile, che occorre intraprendere per arrivare all’incontro con Dio. Non si può vivere un incontro così straordinario mentre siamo immersi negli impegni e nelle attività quotidiane. È necessario staccare, anche per poco tempo, dalla routine e puntare lo sguardo in alto, predisponendo mente e cuore. Saranno la preghiera e la contemplazione, il digiuno e le rinunce, il silenzio e l’ascolto della Parola i compagni di viaggio per questo incontro speciale.
Se il cammino di preparazione può essere individuale e comunitario, l’incontro col Signore Gesù è personale, io e lui, la mia vita riflessa nella sua immensità, la mia capacità di amare immersa nel suo Amore. Un evento straordinario, capace di suscitare entusiasmo, pace e seenità, ma anche timore e paura. Pietro, spaventato e non sapendo cosa dire, si abbandona alla tentazione più immediata che forse anche ciascuno di noi avrebbe: rimanere lì in contemplazione del mistero di Dio, lontano dalla vita reale e da tutto ciò che porta con sé, immersi in un mondo incantato: “Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia!”… Ma la volontà di Dio ancora una volta è chiara: “Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltatelo!”, ovvero, è la mia Parola che vi mando, perché possiamo ascoltarla, interiorizzarla, viverla e annunciarla, nel mondo reale, quello in cui vivevate prima di salire il monte. Lì vi ho chiamati a vivere e a realizzare il mio progetto di salvezza. È il mondo che conosciamo e in cui viviamo, colmo con tutte le sue contraddizioni, di gioia e dolore, benessere e miseria, amore e odio, speranza e disperazione, è qui che siamo chiamati a essere sale, lievito e luce. La vita quotidiana continua a scorrere nella sua odiernità, ma non è più come prima, c’è la certezza che Dio è presente, si è rivelato, questa Verità diventa l’origine e la sorgente della nostra Speranza.