II DOMENICA DI PASQUA – 07 Aprile 2024

Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 20,19-31

Quante volte s’insinua nel nostro cuore la convinzione che non esistono possibilità e alternative percorribili, che siamo trascinati dagli eventi, che occorre difendersi da ciò che sta fuori. Quante volte si fa strada la tentazione di avere come unico termine di paragone la realtà oggettiva che vediamo con gli occhi e tocchiamo con mano; si insinua il dubbio che non esiste un orizzonte più profondo. La vita nuova generata dalla risurrezione dove ancora farsi strada nei cuori e nella vita concreta dei discepoli di ieri come in noi oggi. Eppure Gesù risorto si rende presente, si ferma in mezzo a noi, mostra nella sua carne la concretezza della passione. Offre la sua pace, dona lo Spirito. Rimepie il cuore di gioia, esorta a uscire, ad andare, a vivere da uomini nuovi.

Ridona speranza, rende idonei alla fede e alla testimonianza. Abbiamo continuamente bisogno di essere condotti a riconoscere il Signore. Abbiamo necessità di una comunità che ama, che prega, che è capace di riconciliare che vive nella comunione; abbiamo bisogno di riconoscere chi soffre ma conserva la fede e la speranza, chi gioisce dal profondo per ciò che gli è dato; chi si dona con generosità, chi persevera con coraggio, chi si difende; chi condivide gioie e dolori; chi vive con sobrietà e donazione i propri affetti; chi vive una misura profonda e alta della vita… È anche così che si nutre la fede, che si impara a riconoscere nel concreto il Risorto, si dà credito all’annuncio di vita dei discepoli, alla testimonianza degli apostoli trasmessa dalla Chiesa, e siamo beati perché siamo disponibili a vedere e a credere. Molte volte abbiamo bisogno di un’esperienza diretta, come quella pretesa da Tommaso, dobbiamo avere delle prove e dei segni. Ma la meta per tutti è quella di arrivare ad esclamare: “Mio Signore e mio Dio”, di riconoscerlo come il Signore della vita. Allora credere in Gesù risorto significa credere in una vita piena, eterna, salvata, felice, perché è partecipare della vita stessa del Risorto, uscendo dalla incredulità che tarpa le ali alla pienezza. E il canto dell’Alleluia pasquale sarà sempre più fermo man mano che il cammino prosegue.