Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 15,26-27 e 16,12-15
Capita spesso di sentirsi diversi dal mondo, di sentirlo ostile, terribilmente lontano… ci interroghiamo, allora, sulla nostra fede e, talvolta delusi, dobbiamo riscontrare il fragile influsso che essa ha, a prima vista, sul mondo che ci è vicino! Da dove riprendere il cammino, allora? Forse da questa intensa serata di promesse e addii! E queste sono alcune delle parole del lungo discorso che Gesù fa ai discepoli durante l’ultima Cena, poco prima della sua passione. Non è la prima volta che Gesù parla loro dello Spirito di Verità: precedentemente ne aveva sottolineato il ruolo di maestro interiore nei loro confronti, poiché “egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto” (Gv 14,26). Ora, dopo aver parlato dell’ostilità che il mondo mostrerà verso il Figlio di Dio e verso i suoi discepoli, Gesù promette di non lasciarli soli nell’esperienza dolorosa della persecuzione: manderà lo Spirito Santo come “Consolatore”. Ma lo Spirito non rende testimonianza solo nel mondo, ma anche nel cuore dei discepoli conducendoli verso la piena coscienza e conoscenza della verità che è il Figlio. E, lasciandosi attraversare il cuore dalla testimonianza dello Spirito di verità, aderiranno a tal punto alla Parola di Dio, vivranno talmente uniti a lui, che la loro vita sarà completamente trasformata e rivelerà i lineamenti del Verbo incarnato. In questa festa della Pentecoste è la testimonianza dell’Incarnazione ad interpellarci. È l’urgenza che spesso desideriamo per la nostra vita: poter incarnare il Maestro, poterne avere e far trasparire i lineamenti.
Ma forse è anche l’urgenza che il mondo, spesso confuso, ci chiede: poter vedere nel nostro volto, nei nostri gesti, nelle nostre parole, nella nostra vita, la persona di Gesù che sana, consola, dà luce e forza. Di fronte a questa domanda saremmo totalmente impreparati e poco credibili se vi rispondessimo con le nostre sole forze, con la nostra sola buona volontà. Lasciamoci allora, in questa Pentecoste, inondare dalla luce dello Spirito che, illuminando il passato, svelerà anche il presente, dandoci la capacità di non vivere in superficie, ma di entrare nella profondità delle cose e della storia. Lo Spirito ci insegna e ci chiede anche un’altra cosa: come lui è spirito di comunione perché viene mandato dal Padre e parla le parole del Figlio, perché ci mette in relazione profonda con il Dio Padre e il Dio Figlio, così anche noi siamo chiamati ad entrare in questa relazione di amore per essere persone con la passione della comunione e l’anelito alla fraternità.