Dal Vangelo secondo Matteo Mt 28,16-20
Dopo aver incontrato le donne, il Risorto sceglie, per rivelarsi ai suoi discepoli, la Galilea, il luogo dove aveva vissuto per trent’anni, il luogo della quotidianità, del lavoro, degli incontri, delle parole affettuose… Qui era cresciuta la loro amicizia, qui i discepoli si erano sentiti toccare il cuore dal Maestro, qui ne avevano sperimentato la compagnia e conosciuto, sorpresi, la potenza. Ora, “sul monte che Gesù aveva loro indicato”, spazio di intimità riconducibile a quel “piano superiore” dove si svela il Signore, egli si mostra esigente nei confronti di coloro che gli erano stati più vicini e lo avevano accolto quale maestro nella loro vita: propone loro di continuare la sua opera nel mondo, annunciando alle genti ciò che essi stessi avevano ascoltato… Certo, per poter portare il Cristo agli altri occorre averlo “veduto”, “adorato”, e questo cammino non è scevro da dubbi, spesso segnali di una fede in cammino e non scontata. Ma, sorretti dalla forza di colui che tutto può e certi di una presenza “altra” del Signore attraverso la vita dello Spirito, sono chiamati ad uscire dal buio e manifestare il Signore che ha cambiato il corso della loro storia, suscitando nella gente un fascino tale da portarla a desiderare il Battesimo, il principio della vita nuova. Esso ci immerge nella Trinità, entità dinamica in cui, chi vi fa parte, vive l’uno per l’altro; allo stesso modo chi vive immerso in questo mistero è chiamato a “vivere per”… vivere per uno scopo, vivere per l’altro, gli altri… La salvezza diventa allora questa: una vita non vissuta per se stessi, ma nella donazione e nel dinamismo di un amore totale, gratuito, come solo Dio, uno e trino, ci può insegnare. Il Battesimo “nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”, oltre ad essere una professione di fede, è anche il segno della nuova appartenenza e adesione a Dio. Questa appartenenza a lui come figli nel Figlio attraverso lo Spirito Santo, che ci rende costitutivamente uomini e donne nuovi, è un dono, ma anche un compito perché ci impegna ad essere veri testimoni del Risorto, che condividono la gioia e la speranza cristiane con chi incrociano sulle strade. In questa società complessa e relativista si rende necessario, da parte dei battezzati, far risuonare l’annuncio della fede e proporre l’esperienza della Chiesa come “compagnia di amici che non lo abbandonerà mai nella vita e nella morte… questa compagnia di amici è la famiglia di Dio, che porta in sé la promessa dell’eternità… essa gli darà parole di vita eterna: parole di luce che rispondono alle grandi sfide della vita e danno l’indicazione giusta circa la strada da prendere… questa famiglia di Dio, questa compagnia di amici è eterna, perché è comunione con colui che ha vinto la morte, che ha in mano le chiavi della vita. Essere nella famiglia di Dio significa essere in comunione con Cristo, che è vita e dà amore eterno oltre la morte”.