Dal Vangelo secondo Marco Mc 14,12-16.22-26
La festa del Corpus Domini e i congressi eucaristici che periodicamente la Chiesa ci invita a celebrare ci chiamano a mettere l’Eucarestia al centro della nostra vita, per renderla “eucaristica”, una vita cioè che sappia ringraziare, adorare e custodire nel suo cuore il Signore Gesù in persona. Le parole che oggi la Liturgia ci presenta, si stagliano sullo sfondo pasquale, a ricordarci che quel Corpo e quel Sangue offerti hanno senso solo alla luce della risurrezione del Signore, perché ne celebrano il memoriale, Lo scenario in cui, avviene questo gesto di amore “fino alla fine” (Gv 13,1), è tutt’altro che sereno: c’era stata infatti l’entrata trionfale in Gerusalemme, poi la cacciata dal tempio dei venditori,il complotto dei sacerdoti contro Gesù, l’unzione da parte di una donna a Betania, l’incomprensione da parte dei discepoli, l’annuncio del tradimento, del rinnegamento di Pietro, quasi a rivelarci la natura completamente gratuita, disinteressata ed incondizionata di questo gesto. Il rituale consueto della benedizione, della frazione e della distibuzione del pane e del vino si arricchisce di una novità: “Questo è il mio corpo… questo è il mio sangue” e di una motivazione ancora più sorprendenti… “per molti”” per noi che, cioè, lo accogliamo, ma anche per chi non sembra voglia fargli posto nel cuore. Di fronte a questa esistenza donata per noi, abbiamo allora bisogno di spazi di gratuità e silenzio per completare adoranti il mistero dell’amore nascosto in un pezzo di pane, in un sorso di vino. Alla scuola dell’Eucarestia impariamo la comunione con gli altri: “Poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell’unico pane” (1 Cor 10,17). “L’unione con Cristo è allo stesso tempo unione con tutti gli altri ai quali egli si dona. Io non posso avere Crsito solo per me; posso appartenegli soltanto in unione con tutti quelli che sono diventati o diventeranno suoi. La comunione mi tira fuori da me stesso verso di lui, e così anche verso l’unità con tutti i cristiani. Diventiamo “un solo corpo”, fusi insieme in un’unica esistenza. Amore per Dio e amore per il prossimo sono ora veramente uniti: il Dio incarnato ci attrae tutti a sé. Da ciò si comprende come agape sia ora diventata anche un nome dell’Eucarestia: in essa l’agape di Dio viene a noi corporalmente per continuare il suo operare in noi e attraverso di noi” (Deus Caritas Est, 14). Apriamo, dunque, a Gesù Eucarestia la porta del nostro cuore e lasciamolo entrare nelle nostre scelte, nei nostri incontri, anche nei nostri scontri, nelle ore difficili, perché porti la pace. Sia lui a fare di noi dei testimoni innamorati dell’amore, capaci di contagiarlo a tutti nonostante i nostri limiti, le nostre fragilità, che anzi, alla sua Luce, saranno trasfigurate!