Dal Vangelo secondo Marco Mc 9,30-37
La scena di Gesù nella casa di Cafarnao, circondato dai discepoli e dai bambini, ci rinvia ad una situazione familiare: dopo un viaggio in cui si sono vissute varie esperienze è inevitabile fermarsi e raccontare quanto si è visto e udito, ricordare gli incontri con le persone. Così anche chi è rimasto ad aspettare può allargare il suo sguardo su altri orizzonti e godere di ciò che noi abbiamo goduto. Il viaggio di Gesù attraverso la Galilea sta per concludersi; egli è consapevole che il tempo si sta per compiere e non perde occasione per annunciare ai discepoli ciò che più gli sta a cuore: la sua passione e morte sono imminenti, è vicino il giorno in cui il Figlio dell’uomo risorgerà e farà risorgere a vita nuova ogni creatura. I discepoli fanno fatica a capire, intuiscono che Gesù sta cercando di dire loro qualcosa di importante e, però preferiscono non apporofondire, anzi, discutono su questioni banali; anche Pietro e Giovanni che hanno appena vissuto l’esperienza esaltante sul Tabor. I discepoli non capiscono bene né parole né gesti: perché dal desiderio di apparire grandi, preoccupati di essere primi, non prestano ascolto più di tanto alle parole di Gesù, non si chiedono nemmeno perché Gesù non cerchi di divulgare la notizia del suo viaggio e preferisca restare con loro anziché incontrare la folla. Le chiacchiere dei discepoli lungo la strada che porta a Cafarnao, soprattutto il loro tacere alla domanda di Gesù, descrivono bene l’imbarazzo e il desiderio di perdono che attraversano il nostro animo, allorchè comprendiamo di avere camminato senza ricordarci che Gesù era con noi. In questo cammino formativo lungo le strade della Galilea, Gesù ci sorprende: nonostante ci veda presi dalle nostre piccole banali preoccupazioni rinnova il suo annuncio; con una domanda schietta e confidenziale prende l’iniziativa del dialogo; poi con un gesto semplice, quasi come in un gioco tra ragazzi, ci mostra la vanità di tante questioni in cui perdiamo tempo ed energie e ci invita a metterci in gioco, per accogliere “colui che lo ha mandato”, il Padre.
Gesù ci invita a prendere parte ad un gioco in cui valgono regole un po’ particolari: vince chi non si preoccupa di arrivare per primo e lungo il percorso si preoccupa di far arrivare primi gli altri; il caposquadra è un bambino che si affida, si lascia prendere per mano e accetta di stare al centro dell’attenzione, in braccio a Gesù e, perciò, sicuro di vincere. In quest’episodio Gesù non solo ci annuncia il mistero della Pasqua, ma ci fa anche pregustare l’ottavo giorno: insieme con lui nella gloria del Padre.