Dal Vangelo secondo Marco Mc 12,38-44
Nella vita di ognuno di noi ci sono momenti in cui, nonostante tutti i nostri sforzi, le nostre migliori energie, il nostro voler dare sempre un qualcosa in più, sembra che tutto ciò che facciamo siano pochi spiccioli rispetto a quanto vorremmo donare. È possibile avvicinare a questa realtà, che la vita ci presenta continuamente, il senso di questo brano, che, come spesso accade per merito di Gesù, rovescia tutto il pensare e il senso del’agire umano rendendo vero protagonista chi, agli occhi dei falsi protagonisti, è solamente una comparsa. All’inizio del brano egli ci dice di guardarci da quelli che amano essere i “primi”, che per la smania di apparire e di possedere, non esitano ad asservire Dio ai loro egoismi. Anche le lunghe preghiere e i primi posti nella sinagoga sono infatti strumentali al culto di se stessi e della propria immagine! A questi che si ritengono i primi e i maestri, Gesù sostituisce la vedova che ci dona come modello ed esempio da imitare. Forse la povera vedova avrà scoperto solo in Paradiso, e non durante la sua vita terrena, che a Gesù venne in mente di consegnarcela come vera “maestra”.
Il messaggio è chiaro: Gesù mi mette in guardia dallo scriba che è dentro ciascuno di noi, che continuamente vorrebbe uscire, e ci riconsegna l’umiltà della vedova come unica strada percorribile per andargli dietro. Ricordo quando iniziai il servizio in mezzo alle persone quanto entusiasmo, quanta voglia di donarmi, e soprattutto quanto tempo in più per farlo! Mi sentivo il giovane più ricco del mondo. poi mi accorsi nel servizio di una realtà su cui giocava tutta la mia vita cristiana; della povertà dei mezzi, della fatica, del timore dell’inadeguatezza di ciò che sei e fai. Lo scoraggiamento sembrava far capolino e mi domandavo dove potevano essere finiti quei semi che credevo di aver gettato in abbondanza.
È questo forse il momento per un vitale cambiamento di prospettiva: se guardo ai miei limiti e alle mie miserie, resto paralizzato. Se riesco a incrociare lo sguardo di Dio, vado e getto i due spiccioli nel tesoro. Agli occhi di Dio il vero tesoro. Si direbbe che il Dio di Gesù è così concentrato a guardare al cuore dell’uomo che non vede altro! Dio ci ama. E fa questo. Non è un contabile. Oggi me sento ancora il giovane più ricco del mondo, ricco della mia povertà accolta e amata da lui. Che bello e che buffo sentirmi dire a volte dai giovani del gruppo: “Questa cosa non posso farla, perché o la faccio bene o non ha senso!”. È vero. Sono d’accordo. Ma qual è il criterio per noi cristiani per capire se la stiamo facendo bene? I due spiccioli, i cinque pani e dua pesci, le giare d’acqua che lui trasformerà in vino!
C’è una strada intellettuale per leggere questo brano ed è quella che ci fa esclamare: “Gesù è veramente giusto!”Bella strada, ma non cambia la nostra vita. C’è un’altra strada, quella “esperienzale”: io sono la vedova, e dono al Signore i pochi spiccioli che ho un esito a farlo. Egli lo sa e questo mi basta. La sua gioia mi basta. Mi libera. Mi fa vivere da risorto.