Nacque il 10 ottobre 1742 a Montemaggiore Belsito da Cruciano e Margherita De Nasca. La sua educazione religiosa risentì molto della presenza incisiva degli zii sacerdoti Don Antonino e Don Filippo Teresi. Ben presto mostrò singolare pietà, ma sembrava negato agli studi per la mente ottusa. In seguito però, dopo continua preghiera davanti alla statua della Madonna dell’Udienza, secondo la tradizione, si sentì posare una mano sulla testa ed ottenne una tale intelligenza che, a 18 anni poté scrivere la prima opera sull’Immacolato Concepimento di Maria, seguita da un altra all’età di appena 20 anni. La sua vita fu una perfetta corrispondenza a questa grazia così eletta, infatti impiegò l’ingegno completamente per la gloria di Dio e la salvezza delle anime. Intraprese e completò gli studi, compresa la Teologia, nel Collegio Massimo dei Padri Gesuiti di Palermo. Nell’aprile del 1765 fu ordinato sacerdote a Cefalù dal Vescovo Mons. Gioacchino Castelli e subito dopo rientrò in diocesi e venne nominato Direttore Spirituale e Professore di Teologia Morale nel Seminario Vescovile di Cefalù. Due anni dopo lasciò la Cattedra ed il Seminario per dedicarsi con tutto l’entusiasmo sacerdotale alle Sante missioni. Da allora, l’ideale della sua vita fu, portare in ogni angolo della Sicilia la parola di Dio. Alla Sicilia dedicò circa quarant’anni della sua vita evangelizzando le vaste Diocesi. Per prima si recò a Nicosia dove si fermò un mese intero, quindi raggiunse Mazzarino, Terranova, Sperlinga, Cefalù, Messina, Catania, Siracusa, Agrigento, Mazara, Monreale, Palermo,ecc. Pagò questa difficile impresa con grandi sacrifici, disagi, pericoli ed incomprensioni d’ogni genere. Sebene oberato dal lavoro apostolico, seppe valorizzare i ritagli di tempo per scrivere e pubblicare svariate opere a carattere teologico, ascetico, storico arricchite da pensieri ed insegnamenti tratti dai Padri e Dottori della Chiesa e dai testi della Sacra Scrittura. Durante il suo instancabile apostolato fu sostenuto dalla gioia di innumerevoli conversioni che gli costarono però amarezze e violente persecuzioni. Nel 1797 fu nominato Parroco di Montemaggiore Belsito per circa 5 anni. La fama di santità giunse all’orecchio del re Ferdinando III di Borbone e della consorte regina Carolina che lo vollero a corte come predicatore e confessore, riconoscendo il lui l’Uomo di Dio che diffondeva con la parola e le opere il “bonus odor Cristi”. Ferdinando III rimase talmente conquistato dalla sua parola e dall’esempio della sua vita che volendolo ricompensare per il bene operato tra i membri della sua Corte in tutta la Sicilia, gli chiese cosa gli stesse maggiormente a cuore. Mons. Teresi, legato spiritualmente da un grande affetto alla Compagnia di Gesù, chiese il ritorno dei Padri Gesuiti in Sicilia ed inoltre la restaurazione dalla Arcidiocesi di Monreale, soppressa nel 1775. Ambedue i favori gli furono concessi e nel 1803 obbedendo al Papa ed al re accettò la carica di vescovo di Monreale. Nonostante la carica non alterò il suo stile di vita apostolica, continuando a prediligere i poveri. Resse con fermezza e soavità l’arcidiocesi e morì il 18 aprile 1805 a Monreale. Dice la tradizione che nella medesima ora in cui moriva (le 2 antimeridiane) le campane della chiesa parrocchiale di Montemaggiore Belsito, da lui fatta elevare a Basilica minore, diedero da sole l’annuncio della sua morte.
“La fama di santità di Mercurio Maria Teresi” come disse Papa Pio XI nella Bolla pontificia con la quale innalzava la Cattedrale di Monreale a Basilica Minore il 28 agosto 1926 “in questi ultimi tempi si è accresciuta ed estesa dappertutto”.
La causa di beatificazione
Nel 1983, si dava inizio – con una solenne inaugurazione a Montemaggiore – al 3° processo canonico diocesano per la beatificazione di Monsignor Mercurio Maria Teresi all’età di 62 anni, 6 mesi e 8 giorni. Il 1° processo ebbe inizio nel 1931 a Cefalù. Ma non poté avere alcuno sviluppo, perché essendo morto – Monsignor Teresi – a Monreale, era questa la sede competente per iniziarvi e portare a termine il processo. Per cui, nel 1961 -30 anni dopo, e in occasione della riesumazione della salma di Monsignor Teresi, a Montemaggiore, dove il 18 aprile 1926 questa era stata trasferita- si dava inizio, a Monreale, il 2° processo, che in effetti era, però, il 1° processo, visto che il primo aveva peccato di incompetenza territoriale. Neanche questo processo, però, sortiva alcun risultato, vuoi per scarsa convinzione e poco slancio nella Commissione inquirente, non vicina spiritualmente a Monsignor Teresi; vuoi perché Monsignor Teresi era, rimasto a Monreale solo due anni, perché sopraggiunto dalla morte. Anche se la sua santità si era già imposta, tuttavia, nella comunità non si era suscitata quella venerazione straordinaria che, invece, era già nella comunità di Montemaggiore, ove il Teresi, oltre ad esservi nato e cresciuto, si recava spesso da una Missione all’altra, ove era poi stato parroco per cinque anni; e ove quindi, oltre ad essere conosciuto e venerato, era anche considerato come un santo, non solo per la sua vita sacerdotale austera e perfettamente aderente al Vangelo, ma anche per i molti miracoli, per suo mezzo operati, e dei quali molte sono le testimonianze giunte a viva voce fino ai nostri giorni. Quando di un uomo – o di una donna – si inizia il processo di beatificazione, si dice di lui che è un “servo di Dio”, a prescindere da qualsiasi eventuale risultato del processo. A prescindere dai prodigi, e dovendo dimostrare la eroicità di vita cristiana del “candidato”, si dice che siamo di fronte ad un “processo storico”: cioè, occorre andare indietro “nella storia”, dalla morte del candidato fino al processo, e indagare se effettivamente, almeno per quel periodo, si possa parlare di vera “fama di santità”, consistente – in conse-guenza di una pensata santità – nel culto ininterrotto da parte di una comunità verso quel “servo di Dio”. Quanto alla “santità di vita” del “servo”, una Commissione -. ‘ad hoc’, cioè un gruppo di persone competenti, preferibilmente sacerdoti, nominato dal Vescovo, si reca nei luoghi frequentati dal “servo di Dio”, e attraverso testimonianze e indagini di vario genere, si accerta tanto della santità di vita, che del culto ininterrotto nei riguardi del “servo di Dio”.
Detto accertamento viene esteso a eventuali scritti, relazioni epistolari, e a qualunque altro particolare possa essere utile al riguardo. Quando il tutto è concluso, e con giudizio positivo sia da parte degli inquirenti sin da parte del Vescovo, tutto il dossier viene sottoposto all’esame della “S. Congregazione per la Beatificazione dei santi”, presso la santa Sede, che può disporre altri accertamenti e, infine, il S. Padre dichiara “BEATO” il “servo di Dio”. Rimane l’ultimo atto, quando il Papa, dopo un ulteriore processo, in una solenne celebrazione, dichiarerà “SANTO” quello che fino ad allora era stato un “beato”.