Il calendario liturgico della Chiesa cattolica celebra San Giuseppe, sposo della Beata Vergine Maria e patrono della Chiesa Universale.
La comunità ecclesiale si prepara con i “sette mercoledì” in onore del Santo Patriarca, poi le SS. Quarantore, i Vespri e il giorno 19 le SS. Messe e la processione della Santa Famiglia. Subito dopo la messa delle 11.30 si rinnova “u mitu” l’invito e il pranzo per la Santa Famiglia.
L’ Evangelista Matteo, nella Genealogia, (1,1-17), dopo aver presentato gli antenati di Gesù, introduce il nome di Giuseppe, affermando che è «lo sposo di Maria,» e da lei «è nato Gesù, chiamato Cristo», (1,16). Queste espressioni denotano che Gesù fu generato tramite un concepimento e un parto del tutto singolare: non come frutto dell’unione fra un nomo e una donna, ma come risultato del misterioso congiungimento fra Dio e una creatura umana, Maria.
Per questo motivo non desta stupore che Giuseppe rimanga perplesso: da uomo giusto desiderava compiere la volontà di Dio, ma era di fronte a un fatto inatteso: Maria, sua sposa, attendeva un figlio! Senza disonorarla, quindi in segreto, inizialmente intende applicare la legge mosaica, scrivendo un atto di ripudio perché potesse essere sciolta dal vincolo matrimoniale; tuttavia, mentre pondera il daffarsi, «stava considerando queste cose» (1,20), gli viene manifestato il disegno di Dio. L’apparizione dell’angelo in sogno e le sue parole lo confortano sul fatto che Maria non gli è stata infedele, ma lei stessa
o per prima ha accolto la volontà di Dio e ora Giuseppe ha il compito di custodire il figlio che nascerà. La maternità di Maria e la paternità di Giuseppe hanno nella Santa Famiglia due modalità differenti di esprimersi, ma per Gesù saranno autentici genitori, perché come lo Spirito ha generato in Maria il figlio, così il medesimo Spirito, chiamando Giuseppe a imporgli il nome, lo costituisce realmente suo padre ed educatore.
“U MMITO” 19 Marzo
Fino agli anni Settanta i festeggiamenti in onore di San Giuseppe avevano luogo nel mese di aprile, dopo le festività pasquali, ma da alcuni decenni viene organizzata nella ricorrenza del 19 marzo.
Il tradizionale pranzo detto “u mmitu”, viene organizzato davanti l’androne della chiesa, sopraelevato rispetto al piano stradale, circondato da una imponente inferriata, ed è di antichissima origine. È denominata anche la “festa dei pani”.
Fino ai tempi relativamente recenti, gli anziani lo ricordano, la persona di San Giuseppe è assunta da un vecchio, Vincenzo Inverga, meglio noto ai Monteleprini con lo pseudonimo di Vitientu “u spazzinu”, scelto tra i più poveri ed anziani e vestiva con una tunica violacea, portava un cappello a forma di diadema e teneva in mano un bastone di metallo, il bambino indossava una tunica bianca, mentre la donna una casacca ed un mantello azzurro. A ricoprire questo ruolo successivamente fu chiamato Aurelio.
La tradizione vuole che la porta della chiesa venga chiusa fino a quando, verso mezzogiorno, giungeranno i santi, i tre poveri invitati, che simbolicamente riproducono nella forma e nel colore quelli della Sacra Famiglia. Gesù e Maria in groppa ad un asinello vengono guidati da San Giuseppe tenendo le retini, per le vie tradizionali del paese e terminato il rituale giro si portano sul sagrato della chiesa per partecipare alla celebrazione della Messa cantata.
San Giuseppe con in mano il bastone di metallo, bussa per due volte in due abitazioni attigue alla chiesa per chiedere ospitalità ma viene respinto, infine si avvia al portale della chiesa e con il bastone scuote tre volte il portale ed esclama “siemu Gesù, Giusieppi e Maria”.
All’apertura del portale entrano in chiesa e prendono posto nel Presbiterio per partecipare alla celebrazione della messa.
Per la festività di San Giuseppe, alcune famiglie devote (che hanno chiesto ed ottenuta una grazia) imbandiscono la caratteristica cena: viene apparecchiata una tavola ricca di ogni ben di Dio nell’androne sinistro appositamente addobbato con un drappo rosso issato ai quattro angoli dell’inferriata, mentre sul portale centrale della chiesa viene calata una tela dipinta ad olio raffigurante la Sacra Famiglia.
Ai lati della cena quintali di pane artisticamente lavorato testimoniano la genialità dei fornai locali. Terminato il rito della “purificazione” ai tre ospiti viene servito il pranzo. Essi potevano gustare le pietanze in tre bocconi ne venivano serviti nell’ordine in cui arrivavano, ed alla fine, venivano consegnate loro cibarie da portare via.
Durante la cerimonia le forme di pane, una volta benedette, vengono distribuite ai monteleprini e ai visitatori che si accalcano e si aggrappano all’inferriata, e per tutta la durata del pranzo, ad intervalli di tempo, si sentono i rintocchi delle campane della chiesa, accompagnate dalle marcette della banda musicale. Era uso, in alcune famiglie, per carità cristiana o per devozione al Santo, invitare a pranzo tre poveri del paese.
L’invito è preceduto alla vigilia dalla tradizionale vampa che arde nel piazzale antistante la chiesa. Le persone che assistono alla vampa, aspettano che la legna arda fino a divenire carbonella e subito dopo veniva raccolta dalle persone per usarla come mezzo di riscaldamento. Dalla direzione del fumo i contadini traevano gli auspici per una buona o cattiva annata.
Molte delle antiche feste di ispirazione religiosa ma di cultura contadina che si solevano festeggiare in paese, avevano ed hanno come comune e principale elemento il pane.
Il prezioso alimento lo ritroviamo protagonista nelle ricorrenze di Sant’Antonio da Padova e un tempo per la ricorrenza di San Biagio ed in ognuna di queste manifestazioni il pane aveva ed ha un suo specifico ruolo, di diverso significato ed alcune hanno resistito ai mutamenti della cultura.
PREGHIERA A SAN GIUSEPPE
San Giusippuzzu fustivu Patri
Virgini e puru comu la Matri,
Maria la rosa, Giuseppi lu gigghiu,
datimi ajutu, cunfortu e cunsigghiu.
Siti lu veru cunsigghiaturi,
siti lu Patri di nostru Signuri,
Pi l’amuri chi purtasti a Maria,
cunsulàti l’arma, lu corpu e la casa mia.
Pi l’amuri chi purtasti a Gesù,
pigghiami pi la manu
e nun mi lassari cchiù.
San Giuseppi tuttu amuri,
raccumannami a lu Signuri.
LE MENSE DI SAN GIUSEPPE A BORGETTO
Borgetto, un paese di circa 6000 abitanti nella provincia di Palermo è rinomato per un’antica tradizione religiosa e sociale che consiste nella preparazione e nella realizzazione delle “Mense di San Giuseppe” e che si visitano nei giorni 18 e 19 marzo di ogni anno. Descrivo in maniera sobria alcune note che caratterizzano tale manifestazione.
Generalmente in onore di San Giuseppe, sposo di Maria e padre putativo di Gesù, per una grazia ricevuta, vengono allestite delle splendide “mense” realizzate in tutto il paese e che danno un tono particolare di gioia e di festa a questa ricorrenza religiosa.
Le “Mense” fra di loro sono molte diverse ma vengono accumunate dal segno del “pane”, dentro il quale viene inserito il rosmarino, il pane può essere di varie forme; la “palma” per ricordare la verginità di Maria, madre di Gesù, a “buccellato” per rappresentare la regalità di Gesù, e a “coffa” per rappresentare la cesta dove San Giuseppe artigiano, poneva i suoi attrezzi di lavoro.
I preparativi per la realizzazione delle “mense” iniziano alcuni mesi prima e per sostenere le spese ed avere le derrate alimentari le persone vanno di casa in casa chiedendo delle offerte.
Le “mense” generalmente sono sempre dotate di tavoli a due ripiani in cui vengono disposte ogni varietà di cibi da quelli cotti a quelli in scatola ed infine degli indumenti e del denaro. Non mancano i dolci tipici come: buccellati, cassatelle e sfinge.
A Borgetto vi sono due tipi di mense: le “mense parate”, quelle più realizzate, nelle quali i muri vengono adornati con raso bianco o avorio, e le “mense povere” decorate solo nelle parete in cui è posto l’altare chiamate “Artari”.
Le “mense” inoltre vengono arricchite con fiori bianche e gialli, il centro rimane l’altare, il luogo più luminoso e splendido dove campeggia sempre il quadro del Santo ai cui piedi vengono disposti vari tipi di pane e per terra un cestino per le offerte da destinare ai poveri.
L’incenso profuma le mense e i veli bianchi delle spose intrecciati in modo artistico tappezzano i muri delle stanza.
Vi è poi il tavolo a forma circolare in cui sono preparati i tre coperti e tre arance tagliate a forma di paniere richiamo al focolare domestico: lì mangiano i tre “poveri” che ricordano la Santa Famiglia vestiti con abiti dell’epoca.
Il 19 Marzo si apre con una processione che rievoca la fuga della Santa Famiglia in Egitto con il bambino Gesù perseguitato da Erode (Mt 2) questi gruppi si recano in Chiesa Madre per ricevere la benedizione, poi vanno nelle mense e li vengono (sfamati) imboccati con le varie pietanze.
Proprio in questa tradizione gli abitanti di Borgetto manifestano la loro generosità, la loro solidarietà per un mondo più equo e fraterno.
Durante il pranzo della S. Famiglia le persone vengono imboccate dai giovani e alla fine di ogni portata viene alzato il piatto pronunciando lì espressione: “Viva San Giuseppi viva”.
All’ingresso di ogni mensa viene sempre messo un tavolo con del pane e delle olive a disposizione dei visitatori e per il pranzo del 19 Marzo viene offerta a tutti “la pasta con le sarde”.
Quest’evento richiama centinaia di visitatori dei paesi circonvicini e dalla città, giungono anche molti emigrati dagli U.S.A.
Don Santino Terranova