NOTE SULLA LETTERA DÌ PAPA FRANCESCO
“LAUDATO SÌ”
E’ stato bello ma soprattutto interessante e costruttivo, partecipare all’incontro che si è tenuto lo scorso 11 febbraio a Cinisi nel salone della Parrocchia Redemptoris Mater, voluto ed organizzato dall’Ufficio della Pastorale Sociale e del lavoro e dall’Ufficio Catechistico Diocesano. Il tema dell’incontro è stata la riflessione sulla “Laudato Si”, l’enciclica di Papa Francesco sulla cura della casa comune datata 24 maggio 2015. Relatore d’eccezione il Prof. Massimo Introvigne, sociologo vice-responsabile nazionale di Alleanza Cattolica, fondatore e direttore del CESNUR (Centro studi sulle nuove religioni) e membro del gruppo “Religioni” dell’Assocoazione Italiana di Sociologia. Ha presieduto il nostro Arcivescovo Mons. Michele Pennisi ed erano presenti: Don Pietro D’Aleo, Don Angelo Inserillo direttore dell’ufficio Pastorale della salute e del Lavoro; Don Pasquale la Milia direttore dell’UCD, e il moderatore Dott. Nino Amato.
Il Profess. Massimo Introvigne ha dato un’ampia spiegazione dell’Enciclica e soffermandosi su vari punti ha chiarito maggiormente alcuni passaggi per una comprensione più ampia, che non avremmo forse avuto leggendo semplicemente il documento. In primo luogo, come si evince dall’introduzione, l’Enciclica non è una novità sul tema ecologico, ma frutto di un cammino della Chiesa post Concilio, infatti il documento, molto ricco di riferimenti di altri documenti del Magistero della Chiesa, vede fra gli autori più citati San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI proprio per sottolineare questa continuità del magistero riguardo allo stesso tema. Tema molto studiato, anche da altre chiese e comunità cristiane uniti dalla stessa preoccupazione per il creato, come il Patriarca Ecumenico Bartolomeo, che il Papa menziona nelle prime pagine dell’Enciclica. “Laudato Sì” è la Carta della Dottrina Sociale della Chiesa dei prossimi anni, anche se il Papa stesso distingue fra un percorso etico e spirituale di natura dottrinale e poi accenni a teorie scientifiche, che dice l’enciclica, la Chiesa non pretende definire rispettando le diversità di opinione. Il Titolo dell’Enciclica “Laudato Sì” è un omaggio a San Francesco, che però dice il Papa non deve essere distorto da un romanticismo irrazionale, cioè spesso associamo il Santo di Gubbio al fatto che lui amava gli animali, misconoscendo la sua dimensione teologica e spirituale, senza cioè percepire che la sua povertà e l’austerità di San Francesco non erano un ascetismo solamente esteriore, ma qualcosa di più radicale: una rinuncia a fare della realtà un semplice oggetto di uso e dominio. Una delle tante cose che sono evidenziate nella “Laudato Sì”e che il prof. Introvigne ha voluto sottolineare è ad esempio la dimensione del “Tempo” cioè dell’uso che oggi spesso facciamo del tempo, lo viviamo sempre più di corsa riducendo le relazioni in una sorta di non vita, l’accellerazione dei ritmi del lavoro ci induce a dire che non abbiamo tempo.
Questo andare sempre di fretta in realtà, dice l’enciclica, incide sulla qualità della vita che diventa minore e al tempo stesso degrado dell’ambiente. Nella prima parte dell’enciclica si riassumono alcuni dati ambientali delle teorie scientifiche, la prima tra tutte l’inquinamento dei rifiuti e del riscaldamento globale che rischiano nel primo caso di trasformare il pianeta in un immenso accumulo di immondizie, e nel secondo caso la variazione climatica che porta a diversi squilibri ambientali. Il secondo dato ambientale è la questione dell’acqua, oggi diventata più preziosa del pretrolio, molte guerre attribuite al petrolio in realtà derivano dall’acqua. La crisi dell’acqua è mondiale ed è anche condizionata dalla nostra abitudine a sprecarla. Terza crisi: la perdita di biodiversità cioè tante specie di animali sempre più in via d’estinzione, molti scienziati affermano che molti animali sono utili a l’uomo, ad esempio per la scienza farmaceutica; e poi se Dio li ha creati una ragione ci deve essere. Ogni specie da gloria a Dio con la sua esistenza. Quarta crisi il deterioramento della vita e degradazione sociale che ha a che fare con l’accelerazione. Le città crescono in modo disordinato, diventano invivibili riceviamo troppe informazioni, non riusciamo ad immagazzinarle: una specie di inquinamento mentale, e poi c’è l’uso maniacale di internet che provoca una profonda e malinconica insoddisfazione nelle relazioni personali. Quinta crisi la globalizzazione dell’esclusione: gli esclusi oggi costituiscono la maggioranza di persone, oggi il potere è detenuto da una piccola parte di persone, i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. In questa parte il papa dice che occuparsi veramente dei poveri non significa limitarne le nascite, ma al contrario integrare le risorse per una maggiore equità. Di fatto nell’attuazione delle politiche sociali, i poveri rimangono frequentemente all’ultimo posto. Ci sono troppi interessi particolari e molto facilmente l’interesse economico arriva a prevalere sul bene comune e a manipolare l’informazione di non vedere colpiti i suoi progetti. Al centro dell’enciclica un termine coniato da San Giovanni Paolo II “Ecologia Integrale”, che non è una ecologia distratta o come leggiamo sui giornali o quella che isegniamo ai nostri figli a scuola. L’ecologia integrale è quella ecologia che tocca il profondo dell’umano , quindi il termine “ecologia” non nel significato generico e spesso superficiale di una qualche preoccupazione “verde”, ma in quello ben più profondo di approccio a tutti i sistemi complessi la cui comprensione richiede di mettere in primo piano la relazione delle singole parti tra loro e con il tutto. Il riferimento è all’immagine di ecosistema. L’ecologia integrale diventa così il modello da seguire, capace di tenere insieme fenomeni e problemi ambientali (riscaldamento globale, inquinamento, esaurimento delle risorse, deforestazione, ecc.) con questioni che normalmente non sono associate all’agenda ecologica in senso stretto, come la vivibilità e la bellezza degli spazi urbani o il sovraffollamento dei trasporti pubblici. Ancora di più, l’attenzione ai legami e alle relazioni consente di utilizzare l’ecologia integrale anche per leggere il rapporto con il proprio corpo (n. 155), o le dinamiche sociali e istituzionali a tutti i livelli: «Se tutto è in relazione, anche lo stato di salute delle istituzioni di una società comporta conseguenze per l’ambiente e per la qualità della vita umana» (n. 142). Si può quindi parlare di una dimensione sociale dell’ecologia, che è necessariamente istituzionale e raggiunge progressivamente le diverse dimensioni che vanno dal gruppo sociale primario, la famiglia, fino alla vita internazionale, passando per la comunità locale e la Nazione».
«La cultura ecologica non si può ridurre a una serie di risposte urgenti e parziali ai problemi che si presentano riguardo al degrado ambientale, all’esaurimento delle riserve naturali e all’inquinamento. Dovrebbe essere uno sguardo diverso, un pensiero, una politica, un programma educativo, uno stile di vita e una spiritualità. (n. 111). Questa impostazione permette di integrare e comprendere appieno la portata anche delle piccole azioni quotidiane di attenzione all’ambiente che papa Francesco ci propone: «evitare l’uso di materiale plastico o di carta, ridurre il consumo di acqua, differenziare i rifiuti, cucinare solo quanto ragionevolmente si potrà mangiare, trattare con cura gli altri esseri viventi, utilizzare il trasporto pubblico o condividere un medesimo veicolo tra varie persone, piantare alberi, spegnere le luci inutili, e così via» (n. 211). Quando partono da motivazioni profonde, questi gesti, sono atti d’amore che esprimono la nostra dignità. Come papa Francesco stesso dice, la Chiesa non ha un catalogo di soluzioni da offrire o ancora meno da imporre. Piuttosto offre un metodo per elaborarle insieme, tanto a livello di politica internazionale, in vista di una governance dei beni comuni globali; quanto a livello nazionale e locale, nei processi decisionali ad esempio in merito a nuove iniziative e progetti di sviluppo.
Per produrre frutti duraturi questo dialogo deve essere «onesto e trasparente», fondato sulla disponibilità a mettere sul tavolo tutte le informazioni disponibili, perché la trasparenza è il miglior antidoto contro la corruzione. Esso deve essere anche inclusivo, dando a tutte le parti in causa, specie ai più deboli, la possibilità di partecipare e di far sentire la propria voce. Infine deve integrare tutte le diverse prospettive: quelle scientifiche e tecniche, quelle economiche e sociali, ma anche quelle etiche e religiose.
Guardando a san Francesco, è chiaro che l’ecologia integrale innanzi tutto si vive. E per di più con gioia, riprendendo una delle chiavi del pontificato di papa Francesco. L’ecologia integrale mette poi in gioco la responsabilità, in particolare quella di prendersi cura di quanto e di chi è debole, mantenendo «inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore» (n. 10). Infine ci mostra il limite di un impegno basato su un approccio unicamente tecnico o utilitaristico: per san Francesco, «qualsiasi creatura era una sorella, unita a lui con vincoli di affetto» (n. 11). Chiunque guardi al mondo con un minimo di onestà intellettuale dovrà perlomeno porsi questa domanda. Di fronte agli enormi problemi sociali e ambientali possiamo (e dobbiamo) fare analisi e progetti, mettere in gioco competenze, intelligenza e creatività.
Papa Francesco osa chiedere di più: pone come condizione necessaria per l’efficacia degli interventi «tenerezza, compassione e preoccupazione» (n. 91), in una parola la cura in tutte le sue molteplici sfaccettature. Mette così in discussione non solo la pretesa che tutto si possa risolvere con interventi puramente tecnici, ma anche i limiti ideologici alla base di molte iniziative: «È evidente l’incoerenza di chi lotta contro il traffico di animali a rischio di estinzione, ma rimane del tutto indifferente davanti alla tratta di persone, si disinteressa dei poveri, o è determinato a distruggere un altro essere umano che non gli è gradito.
In chiusura dell’enciclica, per tutti papa Francesco aggiunge un suggerimento essenziale e forse inatteso: il riposo. «L’essere umano tende a ridurre il riposo contemplativo all’ambito dello sterile e dell’inutile, dimenticando che così si toglie all’opera che si compie la cosa più importante: il suo significato. Siamo chiamati a includere nel nostro operare una dimensione ricettiva e gratuita, che è diversa da una semplice inattività. Si tratta di un’altra maniera di agire che fa parte della nostra essenza. In questo modo l’azione umana è preservata non solo da un vuoto attivismo, ma anche dalla sfrenata voracità e dall’isolamento della coscienza che porta a inseguire l’esclusivo beneficio personale» (n. 237). In una chiave oggi controculturale, il riposo significa impegnarsi a creare uno spazio dove possano emergere le domande di senso e dove possiamo affrontarle insieme. È questa la base dell’ecologia di papa Francesco, ed è anche la meta al cui raggiungimento la fede e le religioni possono dare il loro contributo più importante.
Montelepre, 03 Marzo 2016
GIUSEPPA M. CUCCHIARA