Il giubileo della Misericordia, parlandone dal punto di vista missionario, costituisce un’occasione da non perdere. Lo si è intuito sin dalla lettura della Bolla pontificia d’indizione dell’Anno Santo, Misericordiae Vultus, redatta da papa Francesco. Il testo rappresenta, per certi versi, la cartina al tornasole del suo ministero petrino. «La Chiesa ha la missione – ha scritto il Pontefice – di annunciare la misericordia di Dio, cuore pulsante del Vangelo, che per mezzo suo deve raggiungere il cuore e la mente di ogni persona». Questo, in sostanza, significa che l’evangelizzazione si realizza nel nome della misericordia. Ecco che allora, in virtù del proprio battesimo, ogni cristiano è chiamato a rendere intelligibile il messaggio di liberazione di cui Gesù Cristo è stato latore duemila anni fa. Il contesto odierno è quello di un mondo disordinato, segnato da ingiustizie e sopraffazione che pare abbia vanificato la misericordia. Citando il suo predecessore, San Giovanni Paolo II, papa Bergoglio sottolinea nella Bolla che «la mentalità contemporanea, forse più di quella dell’uomo del passato, sembra opporsi al Dio di misericordia e tende altresì ad emarginare dalla vita e a distogliere dal cuore umano l’idea stessa della misericordia». L’Anno Santo rappresenta l’occasione giusta per voltare pagina. Da rivelare che in questo Giubileo, per la prima volta nella storia, viene offerta la possibilità di aprire la Porta Santa – «Porta della Misericordia» – anche nelle cattedrali delle singole diocesi, in una chiesa o santuario particolarmente significativi per i fedeli e pellegrini. È una decisione che rispecchia il pensiero davvero «cattolico» e dunque aperto all’universalità, di papa Francesco. Roma è certamente il cuore del cattolicesimo, ma il pellegrinaggio, così come espresso nella Bolla, è un itinerario che deve condurre all’incontro con Cristo, indipendentemente dalle coordinate geografiche. Esso è «un segno peculiare nell’Anno Santo – scrive il Papa – perché è icona del cammino che ogni persona compie nella sua esistenza. La vita è un pellegrinaggio e l’essere umano è viator, un pellegrino che percorre una strada fino alla meta agognata». Durante il Giubileo, a Roma vi saranno dei momenti specifici per diverse categorie di fedeli. Tra questi vi sarà l’invio dei «missionari della misericordia», previsto per il 10 febbraio 2016. Saranno sacerdoti cui il Papa darà l’autorità di perdonare anche i peccati che sono riservati alla Sede Apostolica, perché sia resa evidente l’ampiezza del loro mandato. Saranno, soprattutto, segno vivo di come il Padre accoglie quanti sono in ricerca del suo perdono. L’orizzonte del Giubileo della Misericordia va, però, ben oltre la tradizionale cornice ecclesiale. Esso, nelle intenzioni di papa Bergoglio, può costituire l’occasione privilegiata per favorire l’incontro con l’ebraismo e l’islam. In tal senso è centrale, dal punto di vista missionario, il richiamo a queste religioni monoteistiche per ritrovare, proprio sul tema della misericordia, la via del dialogo e del superamento delle difficoltà che sono di dominio pubblico. E non sarà inutile, in questo contesto giubilare, richiamare il rapporto tra giustizia e misericordia. Non sono due aspetti in contrasto tra di loro, spiega il Papa, «ma due dimensioni di un’unica realtà che si sviluppa progressivamente fino a raggiungere il suo apice nella pienezza dell’amore». E poi chiarisce che «per superare la prospettiva lealista, bisognerebbe ricordare che nella Sacra Scrittura la giustizia è concepita essenzialmente come un abbandonarsi fiducioso alla volontà di Dio». Una sfida che richiama, anche se non esplicitamente, l’antica tradizione della remissione dei debiti nei confronti soprattutto dei poveri, di coloro che vivono nei bassifondi della Storia.
Giulio Albanese