Tra le tante sorprese che ci ha fatto, in poco meno di tre anni, questo Papa venuto “fin quasi dagli estremi confini della terra” per essere il Vescovo di Roma e Pastore della grande Famiglia di credenti che si riconoscono nella Chiesa cattolica, credo che possiamo collocare in prima fila il Giubileo della Misericordia che stiamo vivendo. Perché tutti ne abbiamo bisogno, e anche più quelli che, come me, sentono farsi sempre più brevi i giorni in attesa dell’incontro con il Padre che è nei cieli, e che è misericordioso come ricorda continuamente la Bibbia e insistentemente lo ripete, come una campana a martello il ritornello dell’inno del Giubileo: “Misericordes sicut Pater”. Se abbiamo la grazia di prestare un po’ più di attenzione alla Parola di Dio, che ci viene incontro in questo tempo particolare, troveremo quasi subito il padre del figliol prodigo che, con la morte nel cuore, lascia partire il figlio che si è stancato di stare a casa sua, ma quel giorno scruta sempre la strada che si perde all’orizzonte, nella speranza che ritorni e quando lo vede arrivare da lontano gli corre incontro con il cuore in tumulto, non lo lascia neppure parlare, lo stringe sul cuore e chiama la gente a far festa. Oppure, nel libro del profeta Ezechiele, la storia di quella creatura appena nata, gettata ai bordi della strada dove un giovane signore la raccoglie, la nutre e la cresce fino allo splendore della sua giovinezza. Ma non passa molto tempo che la sposa infatuata della sua bellezza lo tradisce e va lontano, lo sposo però la cerca e l’accoglie ancora perché, come aggiunge il profeta Geremia, “ti ho amato di un amore eterno”.
Tornati a casa, sorpresi dall’inaspettata tenerezza con cui sono stati accolti, sentono man mano sgelarsi la durezza del cuore e svanire l’ubriacatura dei sentimenti, avvertono il bisogno di uscire da se stessi, lasciar crescere il germoglio dell’amore. È questo che il Papa scrive e raccomanda in questo tempo di grazia: “la misericordia di Dio trasforma il cuore dell’uomo, e fa sperimentare un amore fedele, e lo rende a sua volta capace di misericordia.
È un miracolo sempre nuovo, che la bontà divina possa irradiarsi nella vita di ciascuno, motivandoci all’amore del prossimo”. È una Porta che apre una strada. L’antica tradizione della Chiesa la propone con le Opere di Misericordia corporali e spirituali, che la nostra fede traduce in atti e gesti concreti e quotidiani, destinati ad aiutare il nostro prossimo, e sui quali saremo giudicati. Qualcuno pensa che siano obsolete, ma vale la pena scriverle su un cartoncino da tenere sul comodino o sul tavolo di lavoro per tutto l’anno della misericordia: ci aiuteremo a scegliere quanto più interpella la nostra coscienza. Tenendo sempre vive, alte e forti le parole “l’avete fatto a me”, che è poi il vangelo sulle cinque dita, come diceva Teresa di Calcutta presto santa.
DIEGO BOGA