Il monte Carmelo di cui parla la Bibbia, è un promotorio della Palastina che domina il mare, a sud della baia, di San Giovanni d’Acri. Misura 30 chilometri e si mantiene su un’altezza media di 500 metri. La catena segna il confine tra la Galilea e la Samaria.
Solcato da frequenti valli, forato da numerose grotte che furono sicuro riparo ai perseguitati, e con i fianchi ammantati di ricca vegetazione, il Carmelo è spesso ricordato nella Bibbia come simbolo di grazia e di prosperità per la sua ubertosità, o come simbolo di desolazione per il suo disboscamento.
Nel secolo IX avanti Cristo è celebre come luogo di culto della religione fenicia e della religione monoteista giudaica. Su una delle sue cime pianeggianti (elMuaraqah, 514) restò immortalato il sacrificio del profeta Elia narrato nella Bibbia (2 Re 18, 19-46). Invano i sacerdoti del dio Baal invocarono il fuoco dall’alto per bruciare la vittima posta sull’altare; mentre, al contrario, alla preghiera del profeta Elia, l’olocausto fu completo sull altare da lui eretto su dodici pietre.
Il Dio degli Israeliti vi ebbe culto permanente: vi era celebrato il novilunio, il sabato, e vi ebbe dimora il profeta Eliseo come viene raccontato nella Bibbia nel 2° libro dei Re (cap. 4,23). Ancora oggi il luogo è venerato da cristiani, ebrei e musulmani. Al sorgere del cristianesimo, divenne luogo preferito per monaci’ ed eremiti. Una carta geografica del 1235 vi segna “S. Margherita Castellum”, e vicino una chiesa di Santa Margherita officiata da monaci greci. Sulle rovine di questo monastero greco, sorse nel secolo XVII il santuario di Nostra Signora del Carmelo, con il grande convento dei Carmelitani su uno spiazzo alto 50 metri, da cui si può godere lo spettacolo di un meraviglioso panorama vasto e vario. Negli ultimi decenni del secolo XII alcuni laici ex crociati e devoti pellegrini, attirati dall’esempio del santo profeta biblico Elia, sentirono il richiamo presso la fonte che porta, appunto, il nome di Elia, e incominciarono ad abitare in piccole cellette, immersi nella contemplazione e nel digiuno. Insieme con il ricordo di Elia, presero come modello e ideale della loro vita la Madonna, in onore della quale costruirono anche una chiesetta, sviluppando ivi il senso della loro appartenenza alla loro celeste Regina, invocata col dolcissimo titolo di Maria madre e regina del Carmelo. Da essi nascerà poi il glorioso ordine religioso dei Carmelitani, per i quali il santo Vescovo di Gerusalemme Alberto Avogadro formulò una preziosa “Regola di Vita”. Da tale profumato giardino sbocciò lo splendido fiore della spiritualità carmelitana, incentrata nell’amore e nel culto verso la Madre del Signore, invocata affettuosamente “Fiore del Carmelo”.
La devozione della beata Vergine del Carmelo di-venne perciò una delle più divulgate e care devozioni popolari fino ad oggi. Alla scuola della Vergine Maria si formarono e continuano a formarsi robuste personalità di santi e di sante: basti ricordare Santa Teresa d’Avila, S. Giovanni della croce, Santa Teresa del Bambino Gesù. La devozione popolare alla Madonna del Carmelo si propagò talmente che quasi non vi fu paese nel quale non vi fosse una chiesa o almeno un altare dedicato alla Madonna del Carmine. E poi l’uso assai divulgato di imporre al Battesimo di bambini e bambine il nome di Carmelo e Carmela. Una mensione speciale dobbiamo fare dello scapolare o abitino della Madonna del Carmine, che tutti i devoti ben conoscono. Lo scapolare della Madonna del Carmine è il più noto e il più diffuso; esso, secondo una solida tradizione, fu rivelato a San Simone Stok verso la metà del secolo XIII. Tale scapolare, ad incominciare dal 1528, fino ad oggi, attraverso un’imponente serie di documenti pontifici, insieme al Rosario, è una delle devozioni mariane più raccomandate e più praticate.
Lo scapolare, come segno di consacrazione alla Santa Vergine, conserva una perenne validità spirituale ed anche una indubbia attualità nel rilancio della teologia dei segni. Concludiamo con un rapido richiamo alla spiritualità del Carmelo, che non è poi, privativa dei Carmelitani e delle Carmelitane, ma è appannaggio di ogni tipo di devozione mariana. Che vale, infatti, indossare il venerando abitino della Madonna del Carmine, senza assorbirne la robusta spiritualità che esso esprime? Orbene, la spiritualità del Carmelo comporta nella sua essenzialità una profonda ed abituale immersione nella vita di preghiera e di contemplazione Riportiamo dal “Dizionario Enciclopedico di Spiritualità” il seguente bellissimo brano: “L’elemento fondamentale della spiritualità del Carmelo è la ricerca della Unione con Dio, la conquista e il godimento della sua intimità. Questo ideale e questa aspirazione profonda illuminano tutta la vita carmelitana, danno unità e scopo alle sue pratiche ascetiche e ai suoi atteggiamenti interiori, che sono alla base della sua concezione della perfezione soprannaturale. Ogni cristiano è unito a Dio per la grazia santificante che lo rende partecipe della sua natura divina e che, conservata e accresciuta con le opere meritorie, dà il diritto ad una unione più piena e beatificante in paradiso. La Trinità dimora abitualmente nel cuore del giusto. La spiritualità carmelitana trova la sua nota caratteristica e il motivo dominante nella scoperta e nella valorizzazione di queste meravigliose realtà interiori e delle esigenze pratiche che ne derivano. La percezione di Dio presente e operante nell’anima impegna in un atteggiamento di adorazione, di ringraziamento, di confidenza illimitata. L’anima carmelitana si propone di realizzare, mediante la fede e l’amore un rapporto di profonda amicizia con lui, un colloquo intimo e prolungato che porti ad una comunione di vita e ad una identità di vedute. Stabilita solidamente l’intimità con Dio, l’anima si offre alla sua azione trasformatrice per una unione sempre più profonda che la rende partecipe del mistero di Cristo, per la gloria del Padre e la salvezza di tutta l’umanità”.
Tra le antiche nenie e preghiere in dialetto pubblicano questo rosario
RUSARIU DA’ MADONNA ‘U CARMINI
Sona allegra sta campana,
di Maria Carmilitana;
cala l’amcilu du cielu,
e ti veni annunziari:
“Vi salutu o Matri Maria,
ricitamu l’Avi Maria”.
(dopo un’Ave Maria si ricomncia dicendo)
Quanti grazi nui vulemu,
di sta Vergini l’avemu,
e di cori datu sia,
Di la Vergini Maria.
Si Maria non avi ssu mantu,
semu persi tutti quanti,
e di cori datu sia,
di lu Carminu Maria.