Agosto
“Devozione” e “pratiche devote”
Aveva neppure trent’anni Suor Margherita Maria Alocoque era nata nel 1647 nel villaggio di Vérosvres in Borbogna quando Gesù la scelse come «evangelista» del suo cuore a tutto il mondo. E la devozione al Sacro Cuore trovò il suo primo campo di diffusione tra le novizie del monastero di Paray-Le-Monial, di cui la santa era Maestra. Gente giovane quindi, aperta agli ideali, pronta all’offerta di sé, senza tanti calcoli egoistici, preparata a tutto quando è convinta della santità di una causa. Oggi a qualcuno sembra che la devozione al Sacro Cuore sia adatta piuttosto a persone anziane e sia soltanto da esse praticata. Occorre certo distinguere tra «pratiche devote» e devozioni. Le prime possono cambiare, modificarsi, adattarsi ai tempi e alle età, come i vestiti ad una persona,; la seconda non cambia mai nelle sue linee bibliche e teologiche fondamentali. La devozione al Sacro Cuore risponde a tutte le più forti e profonde aspirazioni dei giovani. Sottolinea infatti, prima di tutto, l’amore quello vero ed autentico, spirituale, che deve unire gli uomini in una solidarietà coerente, che abbatte ogni muro e barriera. Pone davanti al giovane il cuore di Gesù «schiacciato dai nostri peccati», fattosi «propiziazione per noi» presso il Padre, «obbediente fino alla morte e alla morte di croce», sensibile a tutte le necessità degli uomini, tutti suoi fratelli e tutti ugualmente da lui redenti. Mette in evidenza cosiì che la vita per il cristiano vale nella misura che viene offerta e consacrata a Dio e ai fratelli.
“Devozione” e vita
I govani, che non amano le mezze misure, i compromessi, ma che desiderano, se sono moralmente sani, trarre le logiche conseguenze dai valori nei quali credono, trovano nella devozione al Sacro Cuore il mezzo pratico, concreto per attuare l’ideale evangelico. È necessario però che trovino anche il posto
più adatto alle proprie doti naturali e spirituali. Perciò ognuno deve interrogarsi ed essere aiutato a scoprire la sua vocazione specifica con spirito realistico, senza presumere di sé e anche senza tirarsi indietro davanti alle responsabilità e alle difficoltà. Non è che il Signore riveli subito e a ciascuno la strada per la quale camminare. Occorre interrogarsi, pregare e soprattutto mantenere l’anima disponibile ad ogni chiamata, sapendo leggere attentamente i «segni dei tempi», che riguardano le grandi scelte della società e della Chiesa, ma che si riferiscono anche alle scelte della nostra piccola vita. II giovane, alla luce della devozione al Sacro Cuore, impara a scegliere tra due strade quella più ardua ed impegnativa, tra due missioni quella più difficile, tra due «servizi» quello che richiede maggior dedizione e promette meno ricompense umane.
“Devozione” e santità
La tentazione per molti giovani d’oggi, male ammaestrati da falsi profeti, è quella di costruire una società senza Dio: «L’uomo può organizzare la terra senza Dio, ma senza Dio egli in fondo non può che organizzarla contro l’uomo. L’umanesimo esclusivo è un umanesimo inumano» (PP 42). E ancora Paolo VI diceva: «Se voi accettate di andare incontro a Colui che ha dato, più di ogni altro, la prova del suo amore per l’uomo, offrendosi sino alla morte per sarvarlo, allora voi accenderete la fiamma dei vostri ideali al fuoco della sua divina carità e parteciperete a questa marcia dell’uomo verso la luce: “perché non c’è sotto il cielo altro nome dato agli uomini che possa sarvarli”… Questa è la vostra vocazione. Ecco dove si colloca il vostro dovere. Bisogna scegliere. Per l’uomo con Gesù Cristo, o contro l’uomo. Non si tratta di una scelta sentimentale e superficiale; si tratta della vostra vita e di quella degli altri»(Discorso ai giovani tenuto a Sidney, 1970). Presentata così, la devozione al Sacro Cuore, come appello a tutte le donne e uomini, specialmente ai giovani «ad altiora» non nelle carriere umane, fragili ed incerte, ma nella santità e nel servizio ai fratelli, non può non entusiasmarli ed essere di valido aiuto nel dare, alla propria vita un orientamento sicuro.
È nella famiglia, allora, che la devozione al Sacro Cuore dev’essere vissuta ed è in essa che i figli imparano che «l’ideale vale più della vita».
Aumentare la carità
«Lo Spirito che unisce cielo e terra comunica ai cristiani i sentimenti che erano nel Cristo Gesù. Fa vivere la vita del Risorto, che si colloca presso il Padre. Ci fa abitare in questo mondo in «modo pasquale», senza cercare il nostro bene personale, ma quello degli altri. Questa preminenza della carità regola la gerarchia dei carismi, i quali, pur subordinati ad essa, ne sono tuttavia ausiliari indispensabili per l’edificazione della Chiesa. I carismi debbono costruire la Chiesa, perché il valore supremo è l’unità di tutto il corpo che esprime l’unità del Cristo, che esprime il mistero trinitario» (M. J. Le Guillou). Il Cuore di Cristo è «fornace ardente di carità». Chi si avvicina a Gesù non può non sentire il suo cuore infiammarsi di amore verso Dio e verso i fratelli. È l’esperienza che hanno avuto i discepoli di Emmaus: «il nostro cuore non era forse ardente in noi, quando ci parlava sulla strada e ci spiegava le Scrittue?» (Lc 24,32). La devozione al Sacro Cuore è un invito continuo ed un aiuto valido con le sue «pratiche» (consacrazione, offerta della giornata, primo venerdì del mese, comunione riparatrice, ecc.) a far provvista di questa carità, di cui oggi il mondo ha estremo bisogno. Siccome è vero che nessuno dà ciò che non ha, se si vuole essere presenti nel mondo da cristiani autentici, è necessario aumentare in noi la carità verso Dio, attingendola dal Cuore di Cristo.
Crescere in santità
È facile oggi lasciarsi andare in geremiadi sulla malvagità dei tempi che viviamo, sugli egoismi dilaganti, sui freddi rapporti tra gli uomini, che a volte diventano poi ostilità. Quando attorno a noi l’atmosfera si fa rigida e il termometro scende sotto zero, noi non facciamo altro che aumentare la potenza del riscaldamento nelle nostre case e procurare con vestiti adatti un pò di caldo alle nostre membra intirizzite. Se è vero che attorno a noi cresce il freddo spirituale di persone senza grazia di Dio, questo dev’essere impegno ancora maggiore per noi di crescere nella santità, pregando di più ed esercitando maggiormente le opere concrete della vita cristiana, ognuno secondo i propri carismi, il che equivale a dire, in parole più povere, secondo la propria specifica vocazione e le doti di natura e di grazia che il Signore ci ha dato. Il meditare la parabola evangelica dei talenti (cf Mt 25,14ss) davanti al Sacro Cuore, «che ha tanto amato gli uomini…», è altamente salutare, perché scuote le persone, delle loro prigrizie più o meno giustificate e le spinge a dare a Gesù la testimonianza ch’egli attende nella carità verso i fratelli: «Ogni volta che l’avete fatto al più piccolo dei miei fratelli l’avete fatto a me» (Mt 25,40).
Il Signore unico bene
Il cristiano, animato dalla carità, diviene necessariamente un evangelizzatore. «L’evangelizzazione comporta un messaggio esplicito adattato alle diverse situazioni, costantemente attualizzato, sui diritti e sui doveri di ogni persona umana, sulla vita familiare, senza la quale la crescita personale difficilmente è possibile, sulla vita in comune nella società, sulla vita internazionale, la pace, la giustizia, lo sviluppo; un messaggio particolarmente vigoroso nei nostri giorni sulla liberazione…
La Chiesa senza accettare di circoscrivere la propria missione al solo campo religioso, disinteressandosi dei problemi temporali dell’uomo, riafferma il primato della sua vocazione spirituale, rifiuta di sostituire l’annuncio del Regno con la proclamazione delle liberazioni umane, e sostiene che anche il suo contributo alla liberazione è incompleto, se trascura di annunziare la salvezza in Gesù Cristo» (EN). Dall’unione con il Cuore SS.mo di Gesù il cristiano comprende meglio le sue responsabilità nei confronti della Chiesa e di tutti gli uomini e attinge l’energia necessaria per rispondere a queste resposabilità.