LA CHIESA E LA RIVOLUZIONE PROTESTANTE – Prima Parte

Sintesi
Perché si deve parlare di rivoluzione protestante e non di riforma. Si deve ammettere che sui primi anni del secolo XVI si erano accumulati numerosi fattori di disagio nell’interno della Chiesa dovuti parte a cause esterne, parte a carenze di uomini responsabili.
Lutero entrò con violenza nella storia del suo tempo dopo un lungo travaglio interiore che lo aveva portato ad allontanarsi dai suoi doveri religiosi e dalle fede cattolica. La questione delle indulgenze non fu che l’occasione della sua rivolta pubblica. Il successo del protestantesimo fu aiutato da un complesso di cause esterne e niente affatto lodevoli.
Calvino e Enrico VIII si inserivano nel gioco come fattori della rivolta protestante, quando il protestantesimo era limitato alla Germania; ne ottennero la estensione a gran parte dell’Europa settentrionale e centrale, pur adottando formule di fede e di rito in parte diverse del luteranesimo.
La Riforma Cattolica ha un nome glorioso: Concilio di Trento aperto il 13 dicembre 1545 e chiuso il 04 dicembre 1563. Il concilio di fronte alle deviazione protestanti, precisò e definì la dottrina Cattolica, procedette ad un’ampia revisione disciplinare.
I protestanti purtroppo non si sottomisero e non rientrarono nella Chiesa Cattolica e di fronte alle pretese della riforma della Chiesa. Ebbe così inizio quel fenomeno di sette, di chiese, di confessioni diverse che sono il contrario ciò che Cristo volle per la sua Chiesa, cioè unita innanzitutto.

Il vocabolario
Protestantesimo: Il termine propriamente si riferisce a protesta che alla dieta di Spira, il 10 aprile  1529, gli Stati germanici, passati alla fede luterana, fecero contro la decisione di bandiere Lutero dall’impero e di non tollerare che si sopprimesse la Messa e si violasse la libertà religiosa.
Lega di Smalcalda: Si chiama così dal nome della città (Schmalkalden), la lega per sei anni si strinse il 27 febbraio 1531 tra i principi di alcune città tedesche, favorevoli al protestantesimo per resistere all’imperatore Carlo V che voleva liquidare con la forza i disordini creati dal luteranesimo. La questione, sotto il pretesto religioso, aveva fini politici: i principi volevano riaffermare la loro autonomia, Carlo V la sua sovranità. La lega, dopo i primi successi, fu battuta da Carlo V nel 1547, ma il suo spirito continuò e condusse all’interim di Augusta: un compromesso dottrinale e pratico fra cattolici e protestanti che scontentò gli uni gli altri.

Le Cause della rivoluzione protestante
«RIFORMA» PAROLA MALE IMPEGNATA.
Tutti, cattolici e protestanti, sono d’accordo nel ritenere che la Rivoluzione protestante sia un fatto sostanzialmente religioso, e, solo accidentalmente, politico ed economico. Ma sono pochi quelli che la chiamano Rivoluzione, perché in genere gli storici la chiamano Riforma. L’azione di Lutero è stata tuttavia una rivoluzione autentica e non una riforma: per gli scopi voluti e raggiunti, per il metodo, e per il pathos con il quale è stata condotta.
Gli scopi: mutazione radicale della dottrina con la negazione del libero arbitrio e ella grazia, con l’annientamento della Gerarchia e dei Sacramenti, e con l’abolizione dell’indipendenza della Chiesa, avendola i protestanti legata allo stato.
Il metodo: uso della violenza e della armi e repentita imposizione delle novità.
Il pathos: il risentimento, la rabbia e l’odio che animarono la violenza.
L’esito finale fu che, mentre la Chiesa Cattolica rimase Una e Gerarchica, il Protestantesimo si frantumò in più di cento sette e non ebbe più gerarchia. Una tale frantumazione e una tale acefalia è evidente che non è una riforma, ma una rivoluzione. I protestanti la chiamarono Riforma, appropriandosi di una parola assai diffusa nella Chiesa durante il sec. XV, e tentando di far considerare il loro moto come un ritorno alla Chiesa dei primi tre secoli. Ma è altrettanto evidente che quella Chiesa era Una, Gerarchia e il Protestantesimo oggi non è né uno, né gerarchico. Tanto è vero che l’Ortodossia orientale, ieri e oggi, ha sempre rifiutato e non riconosciuto il Protestantesimo. Le cause della Rivoluzione protestante furono come la rivoluzione stessa, di grande vastità. Ricordiamo principalmente le seguenti:
•    Da più di un secolo si parlava di riforma della Chiesa nel capo e nelle membra; ma per quanto ci fosse un terreno preparato, e molti santi e uomini pii che la desiderassero e praticamente ne attuassero i postulati nella loro vita ed in ambienti ristretti, la riforma generale non potè essere decisa, perché il Papato, cui spettava l’iniziativa, la programmazione e la direzione, ne fu impedito dal Concilio di Basilea e dallo scisma, dalle invasioni dei Turchi e relative crociate, dalle discordie nello Stato Pontificio. Inoltre è innegabile che alcuni Papi, e rispettive corti, molto sensibili nel settore politico e artistico, lo furono assai meno in quello religioso. Quando al tempo di Leone X, scoppiò la rivoluzione protestante, per una riforma che impedisse il distacco della Germania e di altri stati, era ormai troppo tardi.
•    Ma la secessione di tanti Stati dalla Chiesa non sarebbe avvenuta, se il potere politico, non fosse intervenuto a volere almeno a favorire questo distacco, al quale erano interessate le corti che divenivano onnipotenti e arricchivano con i beni della Chiesa confiscati, creando così vistosi patrimoni, necessari al loro lusso e alle loro guerre. Non bisogna dimenticare che allora non c’era distinzione fra proprietà dimenticare che allora non c’era distinzione fra proprietà dello stato e il patrimonio del Re; lo stato non aveva nulla, aveva tutto il Re.
•    Nella Germania il cattolicesimo, nonostante parecchi secoli di vita e di azione, agiva su di un popolo in formazione privo di una tradizione classica, di preparazione con una grande passionalità e grossolanità e con un altrettanto grande ignoranza che lo isolava da tutta l’Europa civile. Il tedesco aveva un vero complesso di inferiorità di fronte al latino, più disinvolto ed evoluto. D’altra parte in tutta la Germania, si stava potentemente avviandosi verso forme superiori di civiltà; di qui una sorda ostilità contro tutto ciò che era italiano, romanico e cattolico, della quale si ebbe  una esplosione selvaggia nell’obbrobrioso sacco di Roma del 1525, quando i lanzichenecchi si comportarono anche il peggio dei loro antenati di 10 secoli avanti.
La gerarchia Ecclesiastica e specialmente la Curia Romana per provvedere ai bisogni organizzativi si appoggiavano ad un sistema di finanziamento che appariva ormai troppo gravoso,  dannoso per popoli e offensivo della loro dignità: tanto più che non raramente le offerte, che andavano a Roma, anziché soddisfare alle esigente legittime della chiesa, servivano ad ambizioni  private onde  si arricchivano  prelati e relativi nipoti.
Tutti questi malcontenti aspettavano chi li unisse, li orientasse e li lanciasse contro qualcuno. Ad assumersi questa triste impresa furono principalmente tre persone: un frate, Martin Lutero, un laico, Calvino, un Re, Enrico VIII. Attorno a questi tre tutta la folla di preti, di monaci, di cavalieri, di principi, di umanisti, di letterari, di contadini e di borghesi bramosi di denaro e di terre rubate alla Chiesa, vogliosi di libidine e rabbiosi per mancate lauree e cattedre; essi insorsero contro la Chiesa e contro i cattolici, fedeli alla vecchia Madre, divennero distruttori di altari, di monasteri specialmente femminili, di scuole e di ospizi cattolici. Tutta una folla di popolareschi oratori vomitò invettive ed ingiurire contro i Santi e il Papa, i vescovi e i cardinali e contro Roma soprattutto che mai, né prima né dopo, fu tanto insultata e insozzata con tutte le parole e gli epiteti più turpi del vocabolario. Tutta una folla di caricaturisti  potenti e grotteschi, come Luca Cranac, disegnò in orribili e disgustose  scene il Papa, in tutte le pose più animalesche e schifose, perché il popolo luterano ridesse e sghignazzasse sopra cose, persone e dottrine fino al giorno prima ritenute venerade. In questo clima scoppiò la rivoluzione protestante. Si sarebbe potuto evitarla? Certamente, se fra coloro che avevano le massime responsabilità della Chiesa e coloro che avevano quelle della società, fosse esistita piena armonia e collaborazione, allo scopo di togliere i motivi di malcontento, tenere a freno i violenti, salvaguardare la libertà. Purtroppo si sa che la storia non è fatta di se, ma di realtà buone o cattive, di azioni o commissioni.

Il Protestantesimo
Indicando col nome di protestantesimo tutto il vasto movimento contro la Chiesa Cattolica formatosi in seguito alla ribellione di Lutero, possiamo riferirci principalmente ai tre nomi suicidati per inquadrarne le origine e gli sviluppi: Lutero, Calvino e Enrico VIII, re d’Inghilterra. Il primo fu il vero autore e promotore della grande tragedia religiosa; gli altri due si inserirono nel solco da lui tracciato.

Lutero
Lutero nacque il 10 novembre 1483 ad Eisleben in Sassonia, dal contadino Hans Luther e da Margherita Ziegler. Nel 1485 i Luther si portano a Mansfeld. A 14 anni Martino va a scuola presso i Fratelli della Vita Comune. Di qui passa ad Eisenach per le scuole medie. Nel 1501 a 18 anni, si portò alla Università di Erfut, vi studiò diritto, filosofia, lettere. In famiglia era vissuto in ambiente piuttosto triste. A 20 anni, pare anche in seguito dello sgomento provato per la caduta di un fulmine, gli spunta la vocazione al chiostro ed entra fra gli Agostiniani. E nel 1508 era già professore di Università a Wittemberg, nel cui convento agostiniano egli si trasferì. Nel 1510-11 fu a Roma per incarico del Generale del suo ordine e vi dimorò quattro mesi. Nel 1512 divenne Dottore in Teologia. Dal 1514 al 1515 ebbe inizio la crisi del suo animo. Immerso in lunghi studi e in molteplici occupazione, senza le soste necessarie per rifarsi nella preghiera e nella pietà, con la pretesa di non avere preoccupazioni per acquistare la virtù, un tipo sanguigno e virulento come lui, non recitando più il breviario né celebrando più la S. Messa, cadde nel vizio e nelle passioni e credette che la concupiscenza fosse invincibile. Di qui, uno stato di coscienza sempre inquieto ed esasperato. Studiando la lettera di S. Paolo ai Romani ne trasse, a confronto della propria situazione, la dottrina che alla salvezza bastasse la sola fede, indipendentemente dalle opere, dalle indulgenze, dai Sacramenti. Intanto a Wittemberg il domenicano Tetzel predicava l’indulgenza. L’agostiniano Lutero scattò fulmineo contro l’antagonista, e così sembrò che la predicazione di P. Tetzel fosse la causa dell’insorgere di Lutero e che perciò egli sia stato quasi il paladino della libertà tedesca contro le sopraffazioni della Curia Romana. Oggi, gli studi in merito, hanno messo in evidenza che Lutero nel 1517, quando fu predicata l’indulgenza, era già teologicamente fuori della ortodossia. Egli si era già proclamato seguace della filosofia nominalistica di Occam (factionis Occamicae), nella quale, ad esempio, si contesta la possibilità di dimostrare con la ragione l’esistenza di Dio, la libertà della volontà, la spiritualità dell’anima. Solo con la fede si può avere la certezza di queste verità. Una cosa può esser falsa in filosofia e vera nella fede. Di questi principi Lutero fece la base del suo ragionamento teologico e si spinse alle estreme conseguenze. Per lui gli scolastici non furono che «un branco di porci»

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