Il notabile ricco e Zaccheo (18,18-30; 19,1-10)
L’episodio del notabile ricco (in Mt 19,16-22 si dice che è un giovane) ha una evidente connotazione vocazionale, ma va anche a letto nella prospettiva del supermercato della Legge antica in funzione della sequela di Gesù. Infatti si possono individuare due momenti del diagolo: nel primo Gesù si collega con i comandamenti della Legge: «Non commetere adulterio, non uccidere, non rubare, non testimoniare il falso, onora tuo padre e tua madre» (cf Es 20,12-16). Alla risposta affermativa dell’interlecutore, il Signore chiede un «imprevisto»: andare oltre la Legge per seguire il Figlio dell’uomo. Ma perché questo accada, sarà necessario diventare liberi, donando tutti gli averi ai poveri (18,22). Di fronte al «grande imprevisto» della vocazione, quell’uomo non è più in grado di ripondere, si defila, si turba ed ha paur. Senza nome, senza volto, senza storia, questo personaggio rimane nell’ombra delle sue schiavitù e diventa un emblema della tristezza del rifiuto della proposta di Cristo. Nello stesso contesto di Gerico (19,11) si colloca in poche versetti una vicenda esemplare di conversione e di salvezza: la storia di Zaccheo il capo dei pubblicani. Escluso dal mondo giudaico per il suo lavoro, bisogn,oso esistenzialmente di risposte, Zaccheo riceve in modo del tutto inaspettato la Parola di Gesù e apre la sua casa all’incontro con la misericordia: «Zaccheo scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua» (19,5). La chiamata all’autenticità, alla conversione che si fa appello ed incontro. «Dio si è ricordato di lui» (eb.: Zaccheo) e Zaccheo non si è fatto pregare nell’oggi della sua breve comparsa ha saputo cogliere l’occasione della sua vita: «oggi la salvezza è entrata in questa casa!» L’incontro con il Maestro gli ha aperto il cuore, ha schiuso nuove prospettive nella sue esistenza e gli ha permesso di superare le barriere che lo tenevano schiavo dei suoi peccati: «… alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto» (19,9).
La parabola dlle mine
Alla vicenda di Zaccheo segue subito la nota parabola delle mine che ha come protagonista un «uomo di nobile stirpe» e tre servi, i quali si sono resi degni della sua fiducia e ricevono come impegno la responsabilità di alcune mine. Mentre i primi due servi fanno fruttificare le mine ricevute, il terzo servo rimane infruttuoso e diventa il giudice del suo padrone (19,20-21), forse sperando che questi non sarebbe più tornato. Il signore, in un tempo imprevisto fa il suo ritorno e giudica il comportamento dei suoi servi, beatificando i primi due ed escludendo il fannullone. Pur in un contesto escatologico, la parabola porta in sé un messaggio vocazionale che evidenzia una doppia conseguenza: i doni ricevuti da Dio sono da intendere a favore degli altri e per un progetto di salvezza; c’è un tempo stabilito in cui ciascun credente è chiamato ad esercitare la propria responsabilità. È il Signore la sorgente di ogni vocazione; da Lui parte l’appello e solo in lui risiede il senso della nostra vita
La piccolzza e la grandezza (21,1-4;22,24-27)
Lo splendido quadretto della povera vedova, che nascostamente «getta» due spiccioli, tutto quello che possiede per vivere nel tesoro del tempio, dà occasione a Gesù di ricordare ai suoi discepoli la misura della vocazione e lo stile evangelico di ciascun credente. Abbandonarsi a Dio con tutto se stessi (Sal 37,5-6), credere che il Signore è il nostro futuro, poggiare la propria esistenza nella provvidenza e nella gratuità del Padre. Così il testo richiama il discorso di Gesù sul nuovo modo di interpretare la vita (Le 12,22-34), liberandosi della schiavitù dei beni e delle preoccupazioni per vivere nella libertà dei «fìgli». La vedova, debole e povera, che è nel gadino più basso della società diventa esempio di fede e di totale disponibilità a Dio. Un ulterio
re aspetto dell’insegnamento di Gesù nei riguardi dei suoi discepoli è costituito dalla riflessione sull’autorità e l’esercizio del potere. Nei confronti della discussione su chi dei discepoli fosse il «più grande», il Signore risponde: «chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve» (22,26). La grandezza è commisurata all’umiltà del servizio: il discepolo deve poter fare la rinuncia al potere per divenire un ·servo» a favore di tutti. II messaggio evangelico diventa una chiave di lettura per la comunità cristiana e il ruolo che essa esercita nel cammino dell’evangelizzazione e della promozione dell’uomo.
I discepoli di Emmaus (2,13-15)
Il noto testo dei discepoli di Emmaus richiama alcuni temi dell’episodio di Nazaret (4,16-30), riletti secondo una prospettiva pasquale: l’identità di Gesù (4,,22; 24,18.32), la spiegazione delle Scritture (4,17-21; legge e profeti: 24,19.27), il camminare (4,30;24,17.32-33). Mentre a Nazaret il Signore viene espulso dalla comunità, ad Emmaus accade il contrario: i discepoli invitano il
viandante» ad entrare in casa, l’accoglienza diventa «esperienza eucaristica» e «messaggio di risurrezione». La scena di Emmaus rappresenta un’icona del cammino del credente nel terzo vangelo: dall’Antico Testamento al Nuovo, da Gerusalemme ad Emmaus, sulla strada dell’evangelizzazione che unisce la Parola e l’Eucaristia. L’esperienza vocazionale trova nell’episodio lucano una sua applicazione efficace, che diventa una «carta di identità» del discepolo e della comunità cristiana. II semolice percorso proposto ci ha consentito di illustrare sinteticamente la ricchezza del vangelo proposto nell’anno liturgico declinato nato con il messaggio del perdono e della salvezza. Emerge dall’intera lettura lucana una consistente dimensione vocazionale «aperta alla misericordia di Dio», che va colta nei personaggi, nei messaggi e negli avvenimenti composti con arte dall’evangelista. Luca manifesta due convinzioni fondamentali: gli avvenimenti storici che riguardano la sequela di Cristo richiedono un’interpretazione teologica legata al progetto di Dio, nella prospettiva della misericordia e della salvezza universale. Ogni credente è chiamato a porre la propria esistenza in relazione con la persona e la missione di Gesù Cristo, rivelatore della misericordia del Padre. In questa ottica è possibile reinterpretare l’opera lucana come «vangelo della misericordia» e grande «appello alla sequela» rivolto all’uomo di ogni tempo.