CROCE DÌ GESU’ MISERICORDIA DEL PADRE

Nel bel mezzo del Tempo Ordinario, esattamente il 14 settembre, ecco la Festa dell’Esaltazione della Santa Croce. Che significato assume nel cammino dei discepoli che seguono il Signore? È per caso un doppione del Venerdì Santo? O si tratta dell’ostensione di una oggettistica religiosa? Ci risponde papa Francesco.

La Croce: ma quale?
Lungi da noi esaltare la croce. Il dolore si fa propaganda da sé. Finalità della fede cristiana non è certo la moltiplicazione delle sofferenze. Noi esaltiamo e poniamo al centro della festa la croce di Gesù. Quella è la Santa Croce. Ecco perché noi cristiani benediciamo con il segno della croce. Noi non esaltiamo le croci, ma la croce gloriosa di Gesù: essa è la nostra speranza. Gesù non l’ha cercata: gli è piombata addosso ed egli l’ha affrontata in forza dello Spirito. È stata certo una prospettiva che egli ha avuto ben presente, visto che dedica un periodo della sua attività a parlarne ai discepoli (Mc 8,31-38). Tanti sono stati i crocifissi. Al tempo della distruzione del tempio di Gerusalemme, non bastavano gli alberi per appendere i condannati: nessuno di loro ha salvato il mondo. Solo il Cristo è il redentore con la sua croce e risurrezione.

La croce: ma perché?
Grave era il male che ci teneva schiavi. È avvenuto uno scontro. La croce di Gesù lo esprime. Rivela due cose: tutta la forza negativa del male e tutta la mite onnipotenza della misericordia di Dio. Sono le due energie presenti nel mondo. La croce sembra dichiarare il fallimento di Gesù, ma in realtà segna la sua vittoria. Nella croce ci viene rivelato al massimo l’amore di Dio per l’umanità. E dice il Vangelo di Giovanni: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3,18). Lì si è giocata anche la definizione che Gesù dà di sé. Sul Calvario ci sono alcuni che lo deridono dicendogli: “Se sei il figlio di Dio, scendi dalla croce”. Il fatto che si trovasse nelle vesti di condannato era per loro la dimostrazione che fosse un millantatore e un blasfemo. Era vero il contrario: proprio perché era il figlio di Dio stava lì, sulla croce, a testimoniarci la fedeltà al Padre, l’adesione al suo progetto di amore.
“Quando  sarò innalzato sulla croce, attirerò tutti a me” (Gv 12,32). La morte affrontata con amore e per amore è la sua “riuscita” anzi l’epifania della sua identità divina (Gv 8,28).

Veneriamo la croce: ma come?
Quando volgiamo lo sguardo alla croce dove Gesù è stato inchiodato, contempliamo il segno dell’amore. Vediamo la fonte da cui scaturisce la misericordia del Padre, che abbraccia il mondo intero (MV, nn. 6.21). Il popolo di Dio, in cammino oggi nel deserto, assomiglia a quell’Israele di cui parla la prima lettura di questa festa (Nm 21,4); non sopporta il viaggio; manca l’acqua e si nutre solo della manna. Alcuni si lamentano e protestano contro Dio e contro Mosè: “Perché ci avete fatto partire?” (Nm 21,5). C’è la tentazione di tornare indietro, di abbandonare il cammino. Si percepisce una stanchezza interiore. Arrivano i serpenti velenosi che mordono la gente e alcune persone muoiono. Mosè supplica il Signore ed egli dà il rimedio: un serpente di bronzo, appeso a un’asta. Chiunque lo guarda viene guarito.
Gesù si è identificato con questo simbolo (Gv 3,13-17).
Chi si affida a Gesù crocifisso riceve la misericordia di Dio che guarisce dal veleno mortale del peccato. Invito tutti a guardare Gesù crocifisso per capire che l’odio e il male vengono sconfitti con il perdono e il bene. La croce è più efficace terapia predisposta da Dio per il male dell’umanità. Nel Giubileo, la croce sta al centro della contemplazione dei fedeli. Con lo sguardo fisso su Gesù e il suo volto misericordioso possiamo cogliere l’amore della Santissima Trinità. Su questo punto il Papa insiste molto nel testo Misericordiae vultus. La Trinità, come tale, è implicata (cf. nn. 6,8). I Tre non si presentano divisi: non c’è un’«espiazione» da compiere da parte di Gesù in relazione al Padre. Questi è amore (1 Gv 4,8.16). È lui la fonte, la radice della misericordia. Egli invia Gesù come supremo testimone d ciò che egli ha nel cuore (MV, nn. 1.8).
La croce giudica il mondo: dichiara che il rispondere al male con il male insensato. Imbracciando le armi, si crede talvolta di porre rimedio alle ingiustizie e frenare i despoti .La storia ci dimostra il contrario .In questo contesto il Papa snocciola le cifre del primo conflitto mondiale: 8 milioni di giovani soldati uccisi, 7 milioni di persone civili .Questo per concludere che la guerra è una pazzia.

Quando arriva a noi la croce?
Ciò che la liturgia celebra va poi riconosciuto nella vita. Papa Francesco cita due occasioni in cui i discepoli devono abbracciare la croce.
Una riguarda la comunità come tale. Mentre contempliamo e celebriamo la Santa Croce, pensiamo con commozione a tanti nostri fratelli e sorelle che sono perseguitati e uccisi a causa della loro fedeltà a Cristo. Questo accade specialmente là dove la libertà religiosa non è ancora garantita o dove i diritti umani subiscono limitazioni e discriminazioni.
Un’altra occasione riguarda le coppie come tali. Talvolta alcuni sposi non sopportano il cammino, vengono morsi dalle tentazioni dello scoraggiamento, dell’infedeltà.
L’amore di Gesù che ha benedetto e consacrato l’unione degli sposi è in grado di mantenere il loro amore quando esso umanamente si perde, si lacera, si esaurisce. L’amore di Cristo può restituire agli sposi la gioia di camminare insieme. Non è un percorso liscio, senza conflitti: no, non sarebbe umano. È un viaggio impegnativo, a volte conflittuale, ma questa è la vita. È normale che gli sposi litighino. Sempre si fa. Ma vi consiglio (dice il Papa): non finite la giornata senza fare la pace! È sufficiente un piccolo gesto. E così si continua a camminare. Il matrimonio è sacramento dell’amore di Cristo e della Chiesa. Trova nella croce la sua verifica e la sua garanzia.

Un tema, tanti svolgimenti
Una volta assegnato il tema («Invenzione», cioè «ritrovamento» come si diceva una volta, o «esaltazione» della santa Croce), si potevano prendere queste strade per lo svolgimento: la ricerca storica (dove e quando è avvenuto il ritrovamento? Quale certezza storica esiste per questa reliquia?); la descrizione del supplizio (come si svolgeva la crocifissione? A chi era riservata? Il condannato di che cosa moriva?); la solenne proclamazione della giustizia di Dio (come faceva nei suoi sermoni Bossuet). Il Papa prende decisamente queste strade: occuparsi non delle modalità della crocifissione ma del suo significato alla luce delle Strutture; interrogare su questo il cuore della fede; mostrare che è il Crocifisso che salva e non la croce; indicare quando, dove e come ogni discepolo prende la sua croce (Lc 9,23).

Ezio Gazzotti

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