“La Vergine di Nazaret, serva della riconciliazione operata da Cristo”
Stando agli insegnamenti della storia, non sempre la regalità di declina con la pacificazione. Le guerre sono dichiarate dai regnanti di turno che, esercitando il potere e il dominio, suscitano situazioni conflittuali di divisione e di ribellione. Anche Gesù conosce questa logica “mondana” della regalità, ma sapendo che il suo Regno non è di questo mondo, prende le distanze e insegna ai discepoli a seguire il suo esempio: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mt 20,26-28).
Fedele discepola del Figlio, la Vergine Maria ha docilmente obbedito agli insegnamenti di Gesù. È diventata la prima perché ha scelto l’ultimo posto, è stata esaltata come regina perché si è fatta umile serva. La sua regalità non è ispirata dalla logica mondana del dominare, ma da quella evangelica del servire misericodiosamente, sull’esempio di colui che non è venuto per essere servito, ma per servire. Ad approfondire il tema ci aiutano le letture e le preghiere del formulario n.45 delle Messe della Beata Vergine Maria, intitolato appunto: Regina della pace.
Serva del Signore
Il brano dell’Annunciazione (cf Lc 1,26-38), proposto come Vangelo della Messa citata, è rischiarato dal versetto che fa da titolo alla pericope: «Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce». Queste parole dell’angelo Gabriele a Maria, mentre dicono in prima istanza la vocazione alla maternità della Vergine di Nazaret, richiamano l’attenzione sull’identità e la missione del suo divin Figlio.
Il concepimento della Vergine è frutto della sua obbedienza al volere divino: Maria è madre di Gesù perché è «la serva del Signore». Il Figlio che concepisce e dà alla luce, secondo la parola dell’angelo, «sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Nel concepito dalla Vergine si compiono dunque le promesse annunciate da Isaia intorno a colui che fa fare pasqua alla storia.
Nel brano scelto per la prima lettura (Is 9, 1-3.5-6) viene infatti descritto il tempo e i modi della pacificazione operata da Dio in favore del suo popolo: sarà come vedersi rischiarare da una grande luce mentre si vaga nelle tenebre più oscure; si proverà la gioia dei giorni del raccolto o in cui si spartisce il bottino dopo una vittoria; e tutto ciò è motivo della liberazione ottenuta (sono spezzati gli strumenti che costringono in schiavitù: il giogo, la sbarra e il bastone dell’aguzzino), poiché nel «bambino nato per noi» ci è offerto il «Principe della pace. Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul suo regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia».
Dalla «serva del Signore» nasce per un noi il Figlio dell’Altissimo, il Principe della pace. La maternità della Vergine è dunque ordinata all’instaurazione della pace che scaturisce dal sacrificio di Cristo e chiede di trovare posto nel cuore dei credenti in lui. Non si limita all’angusto orizzonte terreno la pace di Cristo, poiché il suo Regno non è di questo mondo, va al di là dello spazio e del tempo presente: esso riconcilia il cielo e la terra, per sempre!
Lo ricorda, al momento della Comunione sacramentale, l’antifona seguente: «La Vergine ha generato Dio fatto uomo. Il Dio della pace ha riconciliato in sé la terra e il cielo».
Ancella, madre e discepola
Come realizzare la vocazione di essere la “Madre del Principe della pace” se non cooperando attivamente alla costruzione di quella pace, non mondana, che definisce il regno di Dio? Maria è la “Regina della pace” in quanto è serva della rinconciliazione operata da Cristo.
Tale vocazione, cominciata per lei nell’ora del concepimento a Nazaret, si prolunga lungo tutta l’esistenza, sino all’ora del Calvario, sino a Pentecoste. Attorno a questi tre misteri si sviluppa, infatti, il rendimento di grazie della Chiesa celebrante le meraviglie operate da Dio nella “Regina della pace”.
Commemorando l’associazione della Madre all’opera pacificatrice del Figlio, il Prefazio della Messa illustra l’opera pacificatrice di Maria attraverso tre sottolineature, segnate dai seguenti appellativi: ancella, madre e discepola.
Nella prima sottolineatura, sintesi del messaggio delle letture bibliche, si dice che Maria «è l’umile ancella, che accogliendo l’annunzio dell’angelo Gabriele concepì nel grembo verginale Gesù Cristo nostro Signore».
Professandosi serva del Signore, Maria si è posta interamente al servizio della pace che il Cristo è venuto a costruire con il suo Regno.
Nella seconda sottolineatura, la si dice: «Madre piena di fede, che stette intrepida presso la croce, dove il Figlio, per la nostra salvezza, pacificò nel suo sangue il cielo e la terra». Sotto la croce, unita all’offerta del Figlio, con la sua fede Maria collabora alla pacificazione tra cielo e terra.
Nella terza sottolineatura del Prefazio, la si dice «vera discepola di Cristo, principe della pace, che insieme con gli apostoli attese in preghiera il Consolatore promesso, lo Spirito di unità e di pace, di gioia e di amore». A Pentecose, con gli apostoli Maria si mette alla scuola del Risorto in docile ascolto del magistero dello Spirito che tutti affratella e riconcilia nella Chiesa.
Consapevole che «Dio, nel suo unico Figlio, ha aperto agli uomini la sorgente della pace», nella Colletta la Chiesa orante ricorre con fiducia all’intercessione di Maria nel domandare al Padre celeste: «Rendi all’umanità la tranquillità tanto desiderata e invocata, perché formi una sola famiglia unita nel vincolo della carità fraterna». Il frutto della partecipazione alla mensa eucaristica è la costruzione della pace. Ed è più facile divenire autentici costruttori di pace, se si è uniti a Maria. Lo richiama l’Orazione dopo la Comunione della nostra Messa, che così prega: «Per questa comunione al corpo e sangue del tuo Figlio, donaci , o Padre, lo Spirito del tuo amore, perché insieme con la Vergine Maria diventiamo costruttori della pace che Gesù ci ha lasciato come segno della sua presenza in mezzo a noi».
Donaci giorni di pace
Il titolo di Regina della pace con cui diverse Diocesi e vari Istituiti religiosi onorano la Madre del “Principe della pace” si trova anche a conclusione delle Litanie lauretane, introdotto dal Papa Benedetto XV nel 1917, durante il primo conflitto mondiale, al fined’implorare, con l’aiuto di Maria, la riconciliazione e la concordia tra i popoli.
Se la pace donata da Cristo non coincide esattamente con l’assenza della guerra, giacchè intende sanare le lacerazioni profonde del cuore umano, bisognoso di essere guarito e perdonato sempre, anche in tempi di tranquillità sociale e politica, bisogna riconoscere che la guerra è davvero la più evidente espressione dell’assenza di pace vera nel cuore degli uomini. A monte di ogni guerra c’è sempre l’inguaribile malattia della natura umana intaccata dal peccato che porta i nomi di egoismo, sete di potere, desiderio di avere, istinto di prepotenza, incuria del prossimo.
In una parola, si tratta del disprezzo di Dio, che è disceso dal cielo per pacificare cielo e terra, che si è fatto uomo dalla Vergine per riconciliare, nel suo sangue, l’umanità intera mediante il dono dello Spirito Santo. La tradizione orante della Chiesa ama rivolgere suppliche alla Madre del Signore, sia per riconoscere che grazie a lei è sgorgata nel mondo la sorgente della pace, sia per invocare il suo intervento che pacifica i mali dell’anima e del corpo.
In questo senso, meritano considerazione alcune strofe di inni indicati nel Comune della Beata Vergine Maria. Così canta a Maria l’inno Ave, speranza nostra, dei Primi Vespri: «In te vinta è la morte, la schiavitù è redenta, ridonata la pace, aperto il paradiso».
Il tema della Vergine che, obbedendo ai divini disegni, ha riaperto la via della comunione tra cielo e terra, risuona in due strofe dell’inno O Donna gloriosa, cantato alle Lodi mattitine: «La gioia che Eva ci tolse ci rendi nel tuo Figlio e dischiudi il cammino verso il regno dei cieli. Sei la via della pace, sei la porta regale: ti acclamino le genti redente del tuo Figlio».
Infine, l’antico inno Ave, stella del mare, cantato ai Vespri delle celebrazioni mariane nel corso dell’anno, ben lascia trasparire il posto occupato da Maria nell’opera di pacificazione operata dal Crsito: «L’Ave del messo celeste reca l’annunzio di Dio, muta la sorte di Eva, dona al mondo la pace. Spezza i legami agli oppressi, rendi la luce ai ciechi, scaccia da noi ogni male, chiedi per noi ogni bene.
Donaci giorni di pace, veglia sul nostro cammino, fa’ che vediamo il tuo Figlio, pieni di gioia nel cielo». Otto giorni dopo la solennità dell’Assunzione, quasi ad esplicitarne il mistero, celebriamo nella Liturgia la memoria di Maria regina. Assisa alla destra del Figlio, nell’alto dei cieli, Maria partecipa alla signoria del Risorto che tutto riconcilia con Dio, e intercede per noi il dono pasquale della pacificazione.