“La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù” (EG, n.1)
Queste parole aprono l’esortazione apostolica di Papa Francesco Evangelii Gaudium sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale, esortazione definita da Pierangelo Sequeri “poema sinfonico dell’evangelizzazione” o “summa” dell’evangelizzazione nel mondo contemporaneo. Il criterio apostolico della gioia è il file rouge di tutto il documento e degli inviti e richiami che il Papa rivolge continuamente e amorevolmente a tutta la Chiesa. È verissimo!
Le difficoltà che la Chiesa incontra nel nostro tempo sono innumerevoli: “debolezza della vita di fede delle comunità cristiane, riduzione del riconoscimento di autorevolezza del magistero, privatizzazione dell’appartenenza alla Chiesa, diminuzione della pratica religiosa, disimpegno nella trasmissione della propria fede alle nuove generazioni” (EG, n. 48), per citarne alcune. È un tempo di preoccupazione, dunque, ma anche di profonda trasformazione, una opportunità per tutti i cristiani di rendere ragione della speranza che ci abita.
La Chiesa è chiamata a uscire dal ripiegamento su se stessa e dai discorsi autoreferenziali, nella convinzione che solo “uscendo e rischiando” si fa esperienza concreta di ciò che si è chiamati ad annunciare. Abbiamo bisogno di ri-connetterci (per usare un termine dei nostri tempi) con l’esperienza fondamentale da cui la Chiesa ha avuto origine, quella della Pasqua, della novità di vita portata da Gesù, per qualificare la nostra esperienza e testimonianza cristiana affinchè la gioia del Vangelo rinnovi il mondo.
Anche i discepoli di Emmaus, e quelli che stavano chiusi nel Cenacolo, si trovavano in uno smarrimento profondo dopo la morte in croce di Gesù; impossibile immaginare però una gioia più grande quando lo hanno incontrato risorto. Una gioia che nulla può trattenere, che mette le ali ai piedi per darne l’annuncio. Se non si riprende oggi contatto con questa esperienza sorgiva e non se ne apre l’accesso a coloro a cui ci si rivolge, qualunque iniziativa di evangelizzazione rimarrà nell’ambito delle tecniche organizzative di comunicazione pastorale, senza riuscire a incidere davvero nella vita delle persone.
La Chiesa tutta intera si fonda sull’esperienza pasquale, ma un conto è saperlo, un conto è metterlo in pratica. È quindi particolarmente efficace che papa Francesco indichi la gioia del Vangelo come criterio di verifica di quanto si vive. Lo spessore della gioia di cui egli parla non è un sentimento superficiale ed effimero di euforia o piacevolezza, ma l’atteggiamento di chi sa che la sofferenza e la morte esistono, anzi, li ha attraversati sperimentando che la vita è più forte della morte e che l’amore tutto trasfigura. Il contrario di questa gioia non è il dolore, ma “una cronica scontentezza”; “un’accidia che inaridisce l’anima”, un “cuore stanco di lottare” e che ha perso la grinta. Questa tristezza è ciò che avvelena la vita di molte persone e, soprattutto, è agli antipodi di ciò che Dio desidera per ogni uomo.
Aver gustato la vera gioia, ed è questo il contenuto più profondo dell’esperienza di fede, permette di smascherare l’insoddisfazione profonda di ogni chiusura in se stessi. Dio vuole la gioia e la felicità dell’uomo, e la vuole per tutti, senza esclusioni di sorta. “Non c’è motivo per cui qualcuno possa pensare che questo invito non è per lui, perché nessuno è escluso dalla gioia portata dal Signore”. (EG, n.3).
Ciò richiede effettivamente un atto di fede che sfida tante consuetudini e convinzioni profonde, per lo più implicite, in particolare nel nostro mondo del disincanto postmoderno. Senza questa fede, qualunque annuncio evangelizzatore suonerà falso e mancherà di attrattiva.
Chi è stato raggiunto dalla gioia del Vangelo si situa nella stessa dinamica con cui Gesù ha vissuto: nel dono continuo fino alla consegna della propria vita, aprendo, allo stesso tempo, una possibilità di vita per tutti; mentre ciò che in profondità ci trattiene dalla prospettiva della conversione e della gioia è la paura che la vita donata vada perduta. Solo affascinati dall’esempio di Gesù, che la vita la dà continuamente in abbondanza, possiamo “inserirci a fondo nella società, condividere la vita con tutti, ascoltare le preoccupazioni della gente, che non sono una generica accozzaglia di individui, ma persone amate da Dio e popoli suo. Collaborare materialmente e spiritualmente alle loro necessità, rallegrarci con coloro che sono nella gioia, piangere con quelli che piangono, impegnandoci nella costruzione di un mondo nuovo, gomito a gomito con gli altri. Non come un obbligo, non come un peso che ci esaurisce, ma come una scelta personale che riempie di gioia e ci conferisce identità” (cf. EG, n.269).
Un punto forza molto importante è lavorare insieme. Il Papa ha ribadito che la sinodalità costituisce la natura della Chiesa: vescovi, presbiteri, diaconi, laici, consacrati sono chiamati a lavorare insieme per il Regno di Dio e per rendere ragione della speranza che è in loro. Anche se constatiamo di essere oggi una minoranza rispetto al mondo pluralistico in cui viviamo e operiamo, ci restano due possibilità: o diventare un ghetto chiuso che si difende, oppure essere (come dice il Vangelo) un pugno di lievito che fermenta tutta la massa, forse invisibile, ma che dà qualità. Occorre cambiare le strutture mentali, confrontarci con gli altri, addirittura scardinare la stessa idea che a volte ci facciamo di Dio, non arrenderci di fronte alle difficoltà, alle resistenze e fragilità di ogni tipo, nostre e altrui. Il banchetto nuziale che Dio prepara è destinato a tutti i popoli, nessuno è escluso, è un banchetto dove la comunione si fa visibile tra diversi di colore, di cultura, di razza, di religione, di modo di concepire la fede. Ognuno, nel confronto, si arricchisce e cresce, rinsaldando la propria identità cristiana. Le comunità cristiane sono chiamate a diventare grembo fecondo dove la vita nasce, dove viene annunciata e si vive la fede e si testimonia la carità.
È sempre lo Spirito Santo che muove la Chiesa e fa correre il Vangelo sulle strade del mondo per raggiungere ogni cuore umano; lo Spirito ci accompagna in questa fase della storia complessa, non facile, ma guidata da Dio sempre. La Chiesa può anche essere piena di problemi fin sopra la testa, ma ciò la tiene desta, la fa uscire da se stessa e, nella preghiera, nella dedizione a tutti, nella liturgia celebrata, vissuta e condivisa, ha la forza per andare avanti. È solo il travaglio di un parto per un mondo nuovo che sta nascendo. Dio ci sorprende e va al di là delle nostre aspettative; è stato fedele ieri, lo sarà oggi e sempre.
PAOLA MANCINI