Dal 15 al 18 settembre prossimo, a Genova, si svolgerà il XXVI Congresso Eucaristico Nazionale, sul tema «L’Eucarestia sorgente della missione. Nella tua Misericordia a tutti sei venuto incontro». Questo importante avvenimento ecclesiale consentirà di vivere, alla Chiesa che è in Italia, quasi una «statio», con la grazia di «rimanere» nel mirabile mistero eucaristico per celebrarlo, adorarlo, approfondirlo, viverlo. Vogliamo entrare per un momento in questa «statio» ecclesiale, considerando in forma semplice almeno qualche aspetto della quanto mai ricca e necessaria relazione tra Eucaristica e missione, nella vita della Chiesa e nella nostra personale esperienza di fede. Una relazione ricca e necessaria. Scrive Benedetto XVI nell’esortazione apostolica Sacramentum Caritatis: «In effetti, non possiamo tenere per noi l’amore che celebriamo nel Sacramento. Esso chiede per sua natura di essere comunicato a tutti. Ciò di cui il mondo ha bisogno è l’amore di Dio, è incontrare Cristo e credere in Lui. Per questo l’eucarestia non è solo fonte e culmiune della vita della chiesa; lo è anche della missione: “Una chiesa autenticamente eucaristica è una Chiesa missionaria”… Non possiamo accostarci alla mensa eucaristica senza lasciarci trascinare nel movimento della missione che, prendendo avvio dal Cuore stesso di Dio, mira a raggiungere tutti gli uomini. Pertanto, è parte costitutiva della forma eucaristica cristiana la tensione missionaria». Laddove la dimensione «missionaria» è da intendere soprattutto con riferimento a un orientamento ricorrente nel recente magistero pontificio, sia di papa Benedetto sia di papa Francesco, secondo il quale la Chiesa non cresce per proselitismo ma per attrazone. La Chiesa che celebra la liturgia, infatti, rimane gioiosamente «attratta», conquistata dalla bellezza dell’amore di Dio, che in Gesù si rivela come volto di misericordia infinita; e nell’incontro con il Signore diviene, a sua volta, «attraente», realmente missionaria perché capace di comunicare al mondo la Misericordia che sala e dona la vita. In questo senso può essere utile ricordare quanto scrive J. Rtzinger in un suo contributo sul tema: «L’Eucarestia come tale non è immediatamente orientata verso lo scopo missionario di suscitare la fede. Essa si colloca piuttosto all’interno della fede e le nutre; guarda primariamente verso Dio e attira e coinvolge gli uomini in questo sguardo li coinvolge nella discesa di Dio, che diventa la loro ascesa alla comunione con Dio. Essa vuole piacere a Dio e portare gli uomini a considerare questo come il criterio anche della loro vita. E in tal senso essa è, un significato più profondo, certamente origine della missione». Un’antica leggenda delle origine del cristianesimo in Russia racconta che al principe Vladimiro di Kiev, che si era messo alla ricerca della giusta religione per il suo popolo, si presentarono in successione i rappresenti dell’Islam, del Giudaismo e della Chiesa di Roma. Ciascuno dei rappresentanti propose la propria fede come quella giusta, ma il principe non rimase soddisfatto delle proposte presentate. La decisione venne presa, invece, quando gli invitati del principe ritornarono da una solenne liturgia, alla quale avevano partecipato nella Chiesa di Santa Sofia a Costantinopoli. Essi tornarono entusiati e riferirono al principe: «E giungemmo presso i Greci e siamo stati condotti laddove essi servono il loro Dio. Non sappiamo se siamo stati in cielo o sulla terra. Abbiamo sperimentato che là Dio abita con gli uomini». Questi uomini erano stati «attrati» nel mondo di Dio, conquistati dallo splendore del suo volto, reso presente nella celebrazione dei santi misteri. La liturgia alla quale essi avevano partecipato era stata davvero «missionaria», dal momento che aveva reso possibile la contemplazione gioiosa della bellezza del Signore. Anche se il racconto non è storico porta in se un nucleo di verità, in quanto la forza interiore della liturgia ha avuto un ruolo importante nella diffusione del cristianesimo. Come sottolinea l’attuale pontefice; «L’evangelizzazione gioiosa si fa bellezza nella Liturgia in mezzo all’esigenza quotidiana di far progredire il bene. La Chiesa evangelizza e si evangelizza con la belezza della Liturgia, la quale è anche celebrazione dell’attività evangelizzatrice e fonte di rinnovato impulso a donarsi». Sarebbe riduttivo immaginare la belezza e la gioia come il semplice prodotto di un impegno umano. La bellezza e la gioia di cui si parla sono anzitutto un dono che viene dall’Alto e che comunica una vita di Cielo alla terra abitata dagli uomini. L’Eucarestia, di conseguenza, non può essere consierata una specie di azione di propaganda in virtù della quale conquistare seguaci al cristianesimo. Significherebbe provocare un grave danno sia all’Eucarestia sia alla missione. L’eucarestia è il vero cuore del cristianesimo, quel cuore nel quale Dio dona se stesso e ci attira nel suo abbraccio di amore e di misericordia. Nella misura in cui ci lasciamo toccare da questo cuore, il dinamismo della missione diviene essenziale per la nostra fede. Scriveva Sant’Ignazio di Antiochia ai Romani: «Il cristianesimo non è opera di persuasione ma qualcosa di veramente grande». Questo «qualcosa di veramente grande» è il mistero di Dio che esce da se, che si dona a noi nell’Eucarestia e che, attraverso l’Eucarestia, ci attrae nel suo stesso dinamismo missionario. Come ebbe a scrivere Gilbert Keth Chesterton: «Il mondo non pentirà certo per mancanza di meraviglie, piouttosto per mancanza di meraviglie.» È prorpio questa «meraviglia» che è necessario custodire e conservare con straordinaria cura. La chiesa è custode di una meraviglia che le è stata consegnata. Le meraviglie, prodotto della fantasia umana, hanno vita corta e presto perdono la loro capacità attrattiva. La meraviglia, invece, che si è rivelata nel volto di Cristo ed è meraviglia di amore e di misericordia, è sempre nuova e non perde mai la sua freschezza. Quella meraviglia non smette di attrarre il mondo degli uomini, perché è la meraviglia di Dio, l’unica in grado di placare la sete di una terra altrimenti destinata a una mortale aridità. La Chiesa, nella celebrazione eucaristica, si immerge nella meraviglia di Dio, nella meraviglia che è Dio. E ne esce capace di meravigliare il mondo, intruducendolo nell’amicizia del Signore.