IL VANGELO
Vangelo è una parola greca: euagghelion, buona notizia, annunzio gioioso; quel gioioso annunzio che risuonò nel cielo di Bethlem per i pastori e che da duemila anni si diffonde nel mondo. Lc 2,8-11: «C’erano in quella stessa regione dei pastori, che dormivano all’aperto e vegliavano a turno di notte sul loro gregge. E un angelo del Signore apparve sopra di loro, e la gloria del Signore li avvolse di luce e furono presi da grande timore. Ma l’angelo disse: «Non temete: ecco, vi do la buona notizia d’una gioia grande che sarà per tutto il popolo: è nato a voi oggi nella città di Davide un Salvatore, che è Cristo Signore». Originariamente, dunque, Vangelo non indica un libro, ma la buona notizia che il Signore Gesù ci ha salvato. Solamente in seguito, i quattro libri che contengono questo lieto annunzio furono chiamati Vangeli. Vangelo pertanto è uno solo, come una sola è questa lieta novella; tuttavia ci è stato tramandato per mezzo di quattro scrittori: Matteo, Marco, Luca e Giovanni. Dal 60 al 70 d.c. furono composti i primi tre Vangeli; il quarto verso il 100. Molti avevano visto ed ascoltato ciò che Gesù aveva fatto e detto; però erano gli apostoli che potevano dare la chiave per comprendere il mistero di Gesù: essi che da Lui erano stati investiti della missione di testimoniare con autorità ed autenticità. Lc 24,25-48: La sera della resurrezione, apparendo agli apostoli, «aprì la loro mente all’intelligenza delle Scritture; e disse: Così sta scritto: che il Messia deve partire e risorgere dai morti il terzo giorno, e che nel suo nome sarà predicata la penitenza e il perdono dei peccati a tutti le genti, a cominciare da Gerusalemme. Voi siete testimoni di queste cose». Nei libri del Vangelo viene allora registrata la testimonianza dei Dodici; quella testimonianza che per circa trent’anni si tramandò oralmente. Atti 13,30-31: Paolo parla della sinagoga di Antiochia dio Pisidia; tra l’altro dice: «Dio risuscitò da morte Gesù; ed egli apparve durante molti giorni a quelli che lo avevano seguito dalla Galilea a Gerusalemme e che ora sono i suoi testimoni in faccia a Israele». Nella comunità cristiana primitiva vige una regola rigorosissima: non c’è altro Vangelo che quello predicato dagli apostoli. Gal 1,7-11: È l’apostolo Paolo che richiama questa regola ai suoi cristiani della Galazia: «Vi sono alcuni che stanno gettando il turbamento tra voi e vogliono sconvolgere l’evangelo di Cristo. Ebbene, chiunque vi annunziasse un evangelo diverso da quello che noi (apostoli) vi abbiamo predicato, fossimo noi stessi o un angelo disceso dal cielo, sia anatema! Intendo con ciò cattivarmi il favore degli uomini? Se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servo di Cristo. Sì, ve lo dichiaro, fratelli: l’evangelo da me annunziato non è d’indole umana; poiché io non l’ho ricevuto né l’ho appreso da uomo, ma l’ebbi per rivelazione di Gesù Cristo». L’evangelo, perciò, viene dall’alto, anche quando viene messo, per ragioni pratiche, in iscritto; non è frutto di una elaborazione anonima dei detti e dei fatti di Gesù nella quale siano riflesse esigenze psicologiche, religiose o di culto che lo abbiano potuto sostanzialmente modificare. I vangeli, essendo la testimonianza scritta degli apostoli, dovevano essere, in loro assenza, una iniziazione alla intelligenza del mistero di Cristo. Per ottenere ciò, con una sobria ambientazione storica, ci offrono una scelta dei fatti che Lo riguardano, preoccupati non tanto del racconto in se stesso, bensì dell’insegnamento che vi è contenuto; dei discorsi ci offrono una raccolta di sentenze a volte connesse alle circostanze in cui furono pronunziate, a volte da esse indipendenti. Ognuno dei quattro libretti degli Evangelisti, allora è una storia antologica a scopo didattico. «Queste cose sono state scritte affinché crediate che Gesù è il Messia, il Figlio di Dio, e affinché, credendo, abbiate la vita nel nome di Lui». Gli evangelisti, peraltro, sono coscienti di non avere esaurito il loro argomento e avvertono i lettori. «Vi sono ancora molte cose compiute da Gesù che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere». Il vangelo è Cristo stesso, è la sua presenza salvifica nel mondo; non è una esposizione sistematica e logica della sua dottrina. D’altronde la funzione dello scritto era considerata ausilaria del magistero orale. «La fede dipende dall’ascolto della predicazione, ma l’ascolto è possibile se c’è chi predica Cristo». Evangelizzare, quindi, non significava comunicare un «vangelo» scritto, un libro, bensì il messaggio di salvezza. Prima che fossero composti i nostri quattro Vangeli, circolavano già degli scritti che riportavano fatti e detti di Gesù: quelli ritenuti più importanti. «Molti han posto mano a comporre un racconto degli avvenimenti che si sono compiuti tra noi come ce li hanno trasmesso coloro che furono fin dall’inizio testimoni oculari e ministri della parola». Dopo queste iniziative fatte da privati animati di buona volontà, finalmente si giunse, con l’ispirazione dello Spirito Santo e utilizzando le suddette iniziative alla composizione dei quei quattro libretti che la Chiesa ha sempre riconosciuto testimonianze autentiche ed autorevoli e che sono stati chiamati Vangeli perché contengono il vangelo di Gesù Cristo. I detti e i fatti di Gesù di Nazareth sono stati trascritti, degli apostoli o dai loro collaboratori, alla luce della croce e della resurrezione. Gli Evangelisti furono scritti in greco, non quello letterario ne tanto meno quello classico, ma quello comune dell’uomo della strada.