Se la nascita di un bimbo porta sempre con sé un afflato sentimentale, il mistero del Dio fatto uomo è preludio alla sua Pasqua di morte e di risurrezione. Il suo farsi carne culmina nel dono del sangue sulla croce e coincide con il rifiuto della sua gente (cfr. Gv 1,11).
L’incarnazione non è evento isolato, ma va compreso nel mistero pasquale di Cristo secondo il celebre discorso di san Leone Magno: “È sorto il giorno luminoso della nuova redenzione, giorno dell’attesa antica, giorno della felicità eterna. Perché col ciclo liturgico annuale ci viene reso presente il mistero della nostra salvezza, promesso fin dal principio, concesso alla fine del tempo e destinato a rimanere senza fine” (Disc. 22,1). Questo “giorno” si fa odierno nell’Eucarestia dove la Chiesa rivive il dono di grazia di Dio venuto a visitare, come sole che sorge, l’umanità immersa nelle tenebre. I testi liturgici, infatti, cantano la novità del Natale comprendendolo nell’unico mistero di luce e “appare” all’uomo per innalzare la debolezza umana fino alla comunione di vita con Dio. È lo “scambio meraviglioso” cantato dai testi liturgici dove la nostra debolezza è assunta dal Verbo, l’uomo mortale è innalzato a dignità perenne e noi, uniti a lui in comunione mirabile, condividiamo la sua vita immortale (cfr. prefazio di Natale III). L’Altissimo, umanamente impensabile, si è fatto uno di noi, nostro compagno di viaggio: ciò che era nostro è diventato suo e ciò che era Suo è diventato nostro. Lo scambio mirabile avvenuto nell’incarnazione si perpetua nell’Eucarestia: lo scambio dei doni del pane e del vino, restituiti come Corpo e Sangue di salvezza, consentono ai credenti di essere “ritrovati nella forma” (in illius inveniamur forma) del figlio di Dio (cfr. orazione sulle offerte della messa della notte). L’uomo così riscopre la propria identità nel Figlio fatto uomo e l’opera di Dio diventa fiducia immensa nell’uomo. La contemplazione del grande mistero permette di guardare con fiducia il frammento: in quest’ottica, nel tempo natalizio si celebra la Santa famiglia di Nazaret. La quotidianità della vicenda familiare di Gesù, Maria e Giuseppe diventa icona dello “straordinario”, ovvero della presenza di Dio nel cammino dell’uomo. Dalla debolezza del Dio Bambino, scandalosa per i grandi e i benpensanti, ogni uomo impara a vivere affidandosi al suo amore.
La grandezza del mistero incontra la nostra povertà, l’eternità accetta di entrare nel tempo, ciò che sembra inafferrabile viene rivissuto nel frammento di ogni celebrazione liturgica. Questa esperienza sembra particolarmente evidente nel tempo di Natale, tempo in cui l’evento annunciato ai pastori a Betlemme e contemplato nella solennità del prologo giovanneo torna ad essere attuale nell’oggi della Chiesa. Se la Chiesa non smarrisce la fiducia nella memoria liturgica, per cui può dire con commozione “Oggi Cristo è nato”, la storia può ancora incontrare l’evento salvifico e rimanerne contagiata. Se la Chiesa osa ancora celebrare il Natale può trovare e custodire la fonte zampillante che alimenta il suo cammino nel tempo e vivifica la sua testimonianza. La storia non è umiliata, ma trova la sua piena realizzazione nella visita di Dio fatto uomo e nel suo ritorno glorioso verso il quale ogni credente indirizza i suoi passi. Umiltà e stupore: ecco gli atteggiamenti per celebrare il Natale. Come l’umiltà di Dio che si è fatto uomo, come lo stupore di Dio per l’uomo da amare e da salvare.