Non è certamente possibile riassumere in poche righe un documento lungo e ricco come l’esortazione post-sinodale Amoris Laetitia di papa Francesco. È lo stesso papa ad indicarci però la sua struttura essenziale, al paragrafo 6, invitando nello stesso tempo non ad una immediata lettura integrale, magari un po’ affrettata, bensì ad un suo approfondimento paziente, una parte dopo l’altra.
Ma la domanda, un po’ provocatoria, che possiamo porci, è la seguente: perché leggerla? Vale la pena fare lo sforzo di addentrarci nei suoi 325 paragrafi per complessive 264 pagine, numeri che sembrerebbero spaventare il comune lettore? La risposta, chiara e forte, è si: è un impegno non solo utile, ma anche bello, che alla fine può contribuire ad aumentare nel lettore la sua personale “laetitia”. Perché? Non certo perché è un documento che presenta tali novità dottrinali da rivoluzionare l’insegnamento della Chiesa, consentendo quello che finora era stato proibito. Una simile lettura appartiene solo a chi intende la dottrina come un “monolite” (per usare un’espressione di Papa Francesco), immutabile, sempre uguale a se stesso e avulso dalla storia e dalla cultura in cui la Chiesa è immersa. No, il cambiamento è nello sguardo e nel linguaggio.
Francesco infatti ci invita ad avere lo sguardo di Gesù, che mntre «proponeva un ideale esigente, non perdeva mai la vicinanza compassionevole alle persone fragili come la samaritana o la donna adultera»(n.38), e lo fa con un linguaggio concreto, impastato a un tempo di vita quotidiana e di sapienza biblica, comenello splendido commento al Cantico della Carità di San Paolo contenuto nei paragrafi 90-119. E allora buona, anzi allegra lettura!
PIETRO BOFFI
Centro internazionale Studi Famiglia