RIFLESSIONI SU MOSÈ

Una rottura corre tra il libro della Genesi e quello dell’Esodo: si chiude l’epoca dei padri e si apre quella dei “figli di Israele” (Esodo 1,1), la figura di Mosè e dell’uscita dalla terra d’Egitto domina da Esodo 2 a Deuteronomio 34. Il libro dell’Esodo assegna a Mosè un padre ed una madre della tribù di Levi. Ma egli porta un nome egiziano ed è figlio della figlia del faraone che lo ha salvato dalle acque del Nilo (Esodo 2,10).

Gli inizi di Mosè prefigurano l’esperienza del popolo. Per essere guida di un esodo verso il Signore, Mosè deve esserne esperto. Salvato dalle acque, educato alla corte del faraone, in età adulta va verso i suoi fratelli ed avverte una parentela ed una solidarietà che lo spingono ad uccidere.

È a questo punto che Mosè fugge abbandonando suo padre. Trova rifugio a Madian e diventa madianita. Al momento in cui Dio lo incontra all’Orelo (Sinai) Mosè ha sperimentato tre mondi: quello egizio, quello ebraico e quello madianita, del quale ha preso: una moglie, un figlio, un suocero Ietro.

Arriva al monte e Dio gli si presenta come il “Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe. Dio si rivela a Mosè come uno di famiglia che conosce le sue origini pur non avendolo mai incontrato prima.

I padri che Mosè ha avuto finora gli hanno nascosto il volto di Dio.

Dio vede la miseria del suo popolo e decide la sua liberazione e manda Mosè a liberare.

Mosè sarà, insieme a Dio e grazie a Lui, il liberatore. La missione di questo uomo sarà quella di riprendere il cammino tra mondi diversi per ritrovare il popolo di Israele come popolo dei suoi fratelli e farlo uscire verso la terra promessa. Dio non vede solo la miseria del suo popolo, vede anche la lotta che la liberazione comporterà e lo fa vedere al suo eletto. Mosè dovrà ritornare nella terra che lo ha salvato e che lo ha fatto quasi morire per combattere contro il faraone. Di questo popolo il libro dell’Esodo così ce lo presenta: “sappi che tu compirari alla presenza del faraone tutti i prodigi, ma io indurrò il suo cuore ed egli non lascerà partire il mio popolo (Esodo cap. 4°). Tutti i popoli sono figli di Dio, anche l’Egitto.

Ma questo riconoscimento si potrà realizzare solo attraverso la mediazione di Israele. L’impresa a cui viene chiamato Mosè è molto grande, come potrà convincere gli israeliti e lo stesso faraone di essere stato mandato da Dio? Poiché la parola è un arma troppo debole contro il faraone Dio gli dà il bastone dei miracoli, ma Mosè dovrà essere soprattuto l’uomo della parola.

Questi squarci sulla figura di Mosè ci hanno mostrato che il Dio che chiama, fa uscire “dalla casa del padre”, come era accaduto ad Abramo. D’altra parte “l’esodo” dalla casa del padre avvia un cammino che è nel contempo possibilità di incontro con Dio e con i fratelli.

Mosè sarà una guida, non un Padre, Sarà l’incaricato dal Padre di far uscire il figlio Israele dalla schiavitù dell’Egitto. Preso dal suo ministero dimenticherà anche la sua famiglia e quasi morirà sommerso dalla fatica di guidare gente così difficile in situazioni molto precarie. Esperto di uscite ed attraversamenti Mosè conterà sulla presenza di Dio, vera guida e sostegno del popolo e lungo la sua itineranza imparerà ad appartenere sempre di più a Israele, divenendo in tutto fratello dei “suoi fratelli”, ebrei. Nonostante il suo rapporto con il Signore lo porterà ad essere: guida, mediatore, profeta.

Mosè resta solidale con Israele, fino in fondo fratello tra fratelli, fino al punto di patire con il popolo e a causa del popolo, l’allontanamento di Dio (Esodo 33).

Mosè ha fatto uscire ma non farà entrare perché ha peccato, come tutta la generazione che è uscita dall’Egitto ma poi non ha voluto entrare nella terra promessa (cfr. Numeri 13-14).  In che cosa consiste la sua colpa? Ha battuto sulla roccia, mentre il Signore aveva comandato soltanto di parlare, il bastone dei miracoli ed ha ceduto così all’incredulità del popolo. Perciò morirà nel deserto senza poter entrare nella terra promessa, Israele sarà condotto alla conquista della terra da Giosuè, figlio di Nun. Alla fine cosa resta a Mosè? E cosa resta di lui a noi? Rimangono la parola della legge, una “visione” e un bacio. Tuttavia come dimostra la storia di Israele, neppure la terra promessa sarà l’approdo defintivo.

E Mosè muore nell’intimità di Dio, coperto ed avvolto nel suo mistero. Nessuno conosce sino ad oggi il luogo della sua sepoltura, misterioso presagio della risurrezione. La vicenda di Mosè, come quella dei grandi profeti di Israele ci mostra fin dove può arrivare la solidarietà con il popolo dell’alleanza… Nell’incompiutezza che perfino Mosè vive alla fine della sua esistenza siamo suoi fratelli, finalmente ricondotti, come avvenne pe Abramo, alla nostra figliolanza in Dio Padre.

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