IL PRIMATO DELLA COSCIENZA dall’”Amoris Laetitia”

In Amoris laetitia il Papa torna più volte sul tema della coscienza, mostrando di volersi riallacciare in modo esplicito alla grande lezione del Vaticano II. Fin dalle prime battute dell’Esortazione postsinodale fa capire che su questo aspetto si gioca buona parte della capacità della Chiesa di parlare alla sensibilità dell’uomo contemporaneo: “Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostuirle” (Al 37).

Una riflessione che diventa tanto più delicata quanto più si tenta di applicarla a situazioni complesse come le unioni “irregolari”. Qui il rapporto tra le norme e il discernimento guidato dalla coscienza, di cui si parla nel capitolo VIII, non può che tenere conto della concretezza delle situazioni e della diversa sensibilità delle persone. “È meschino soffermarsi a considerare solo se l’agire di una persona risponda o meno a una legge o una norma generale, perché questo non basta a discernere  e ad assicurare una piena fedeltà a Dio” (Al 304).

E quindi , il Papa, sulla scorta di san Tommaso, arriva a spiegare che anche in una situazione oggettiva di peccato, come nel caso di una seconda unione non sacramentale, “si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa” (Al 305).

LUCIANO MOIA

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