(Atti cap 9)
La chiamata di Paolo rappresenta l’elezione del persecutore. È uno dei momenti nei quali si vede da vicino che cosa vuol dire “amare i nemici” e quale frutto un simile amore può portare. La conversione di Paolo è uno degli eventi più sorprendenti dell’incomprensibile misericordia di Dio.
L’incontro con il Risorto sulla via di Damasco rappresenta per Saulo l’inizio di un nuovo cammino, un cammino missionario che lo porterà fino agli estremi confini dell’impero romano. Da campione di ortodossia diventa modello di apertura a quelli di fuori, ai pagani.
Inizialmente Paolo è stato un fariseo rigoroso, un ebreo osservante tutti i precetti della Legge di Israele. In che cosa consiste la sua chiamata? Paolo ha perseguitato i cristiani. Egli ha pensato un suo dovere religioso quello di combattere la mala pianta cristiana, avvertita come una pericolosa deviazione dell’ortodossia ebraica. Certo della sua verità non ha esitato a perseguitare tutti quelli che si erano messi dietro la sequela di Gesù. Infuriando contro i cristiani li voleva mettere in difficoltà perché avevano accolto Gesù come il Messia.
Paolo chiuso nelle sue certezze come in una fortezza, veniva inquietato da quei “falliti” che si ispiravano al Messia sconfitto. Avvertiva una contraddizione così netta rispetto alle sue certezze che in nome della Verità che pensava di possedere non poteva esssere tollerata. Ma cosa ha potuto far crollare il campione dell’oppressione del cristianesimo costituendolo apostolo della vita di Gesù?
Paolo è crollato davanti alla luce di Gesù. Una luce così forte che all’inizio lo ha accecato (Atti 9,8) ma che lui ha iniziato ad indagare. L’incontro lo ha umiliato facendolo cadere a terra. Il suo orogoglio è stato ferito, Paolo voleva condurre in catene i discepoli di Gesù ed invece verrà condotto per mano fino a Damasco a causa della sua cecità.
L’umiliazione gli apre la porta all’incontro con il Maestro. Saulo sino a questo momento ha cercato di perseguitare coloro che egli riteneva nemici di Dio e del popolo di Israele. Ora sa che è Dio che gli parla, che lo chiama per nome e lo invita a non continuare la sua persecuzione! L’incontro con il Risorto gli fa scoprire la propria debolezza e nello stesso tempo la debolezza di Dio che si identifica con un popolo perseguitato. Ma perché Gesù ha voluto incontrare Paolo? Per amore, solo l’amore, non la debolezza, né il peccato “spiega” la croce di Gesù.
Possiamo dire che Paolo è stato convertito dall’amore di Gesù per lui, dalla esperienza inaspettata della misericordia di Dio. Il Maestro ha voluto proprio colui che più lo odiava per essere suo testimone particolare. E tutte le volte che Saulo ricorderà l’incontro di Gesù manifesta stupore, ammirazione, guardando la sua indegnità. Nell’annunciare il Vangelo sottolinierà che Dio per primo lo ha perdonato ed il Maestro lo continua ad amare.