(Marzo 14-16)
Abbiamo seguito fino qui il racconto del Vangelo di Marco, ora non ci resta che fare come le donne: stare in silenzio ai piedi della croce, a “guardare”, a contemplare quell’uomo crocifisso nel quale Dio ama ogni uomo e ciascuno di noi; nel quale Dio ci dice la sua parola definitiva: che lui è misericordia e amore, fino a dare vita, fino al sacrificio del Figlio. Vogliamo “guardare” questo Calvario con loro; con loro osservarne i personaggi; con loro ascoltare ogni parola, ogni gesto, ogni sospiro. Gli ultimi respiri della vita di Gesù si imprimono nella loro vita, lui che è la loro vita.
“Venuto mezzogiorno… Alle tre…” Questo è il giorno decisivo della storia. Le ore che passano in modo lento, mentre il dolore si fa insopportabile ci dicono la violenza del martirio di Gesù. Il Maestro ha solo la forza di gridare al Padre… la sua non è disperazione, ma atto di fede puro e drammatico che coscienza umana possa concepire. Fede nuda, quella di Gesù nel Padre: quella in cui gridano tutte le oscurità, i drammi, le domande, le solitudini dell’umanità. Sul quel monte c’è un uomo che compie un gesto: dà da bere a Gesù dell’aceto. Un gesto di pietà, di crudeltà, di scherno per vedere se Dio viene a liberarlo dalla morte.
Dio libera attraverso e dentro la morte: libera Gesù e ciascuno di noi facendoci attraversare il male. Il Padre un giorno ci farà dono della vita nuova… perché la vita nasce dalla morte, come il chicco di grano. La resurrezione di Gesù è già contenuta nella sua morte. Solo il centurione romano comprende che Gesù è il Figlio di Dio, perché ha un amore capace di attraversare la morte. Nel silenzio del nostro cuore, noi non possiamo far altro che adorare!
La morte di Gesù in croce è l’amore sino alla fine, è il dono più grande di Dio Padre che consegna il Figlio suo nelle nostre mani cariche di male e di odio per tirarci fuori da questo male, che per noi sarebbe stato senza ritorno. Cristo è principio e sorgente della nostra risurrezione futura come Lui e con Lui.