Riflessioni sul Salmo 51
È uno dei sette salmi penitenziali che sviluppano la chiamata di Dio alla conversione e la risposta dell’uomo che confessa i suoi peccati. In questo salmo l’orante chiede a Dio un cuore nuovo per poter compiere la Legge (Ger 24,7;31,33, Ez 36,26ss).
La composizione è attribuita al re Davide quando il profeta Natan lo rimprovera per la morte di Uria e il trasferimento di Betsabea nella sua casa (2 Sam 11-12). Nel mondo biblico, Dio si costituisce in parte lesa e non come giudice questo si ripete tante volte nella Scrittura (Nm 12;21, 4-9; 2 Sam 24,1ss; 1 Re 8,46-51). Accettando la parte dell’offeso, resta la possibilità del perdono.
Questa è la risposta di Dio alla colpevolezza dell’uomo. Tale atteggiamento divino è una prefigurazione del Servo di Jahvè.
Possiamo dividere il salmo in due parti: 1ª parte, L’orante nel regno del peccato (vv. 3-11) 2ª parte, L’orante nel regno della grazia (vv 12-19).
Sant’Agostino commentando questo salmo dice: “Molti vogliono cadere con Davide però non vogliono risollevarsi assieme a Lui”. Dio è misericordia e prova per i figli sentimenti di tenerezza e compassione. La sua bontà e la sua compassione sono infinite. È questa la nota fondamentale che distingue Dio dall’uomo.
San Gregorio Magno paragona il peccatore all’uomo che giace coperto di ferite ed in pericolo di morte: “Povero ferito, riconosci il tuo medico! Mostragli le piaghe delle tue colpe”. Cosa chiede l’orante a Dio? di cancellare il suo peccato.
Il peccatore che abbandona le sue colpe è come un uomo sporco che Dio lava (Is 1,16-18); il peccatore escluso dal paradiso, torna alla primordiale amicizia con Dio; quest’acqua è il legame con l’Eden.
Il simbolismo dell’acqua trova un’eco nel battesimo cristiano, bagno che lava i peccati.