RIFLESSIONI SUL DIACONO FILIPPO (Atti 8)

I discepoli del maestro di Nazareth sono chiamati a seguire Gesù e sono mandati per essere continuatori della sua missione secondo lo stile del loro Signore. Ma perché Gesù ha scelto questa modalità per annunciare il Vangelo del Regno? Elenchiamo alcuni elementi di riflessione. Gesù è stato invitato per rivelare il Padre. E lo ha fatto con tutta la sua vita, “con gesti e parole”(Dei Verbum). Se nel Vangelo di Giovanni Gesù dice:” chi vede me vede il Padre”, ciò significa che la scelta di essere in cammino rivela il cammino di Dio. Il Maestro infatti non aspetta che la gente venga da lui ma è lui a recarsi là dove la gente vive la sua vita quotidiana. Camminare per Gesù vuol dire rendere vicino Dio. La scelta del cammino ha questo significato: andare ovunque per arrivare a tutti, affinché nessuno si senta dimenticato o abbandonato da Dio. E questo ciò che il Risorto continua a fare attraverso l’invio dei suoi discepoli:” andate in tutto il mondo… io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”(Mt28,20).

L’invio in missione è anche abbracciare la povertà: chi si sposta continuamente non ha casa e non può accumulare ricchezza, tuttavia è libero di farsi prossimo ovunque e a chiunque. L’annuncio del Regno è dunque l’annuncio di un amore divino che Vangeli chiamano servizio. In sintesi, il cammino di Gesù è un passare per diffondere benedizione (Atti 10, 38).        Un passare per “far uscire” dalla schiavitù del male e per raccogliere gli uomini in una famiglia resa possibile dall’agire e dello Spirito. A partire dall’esempio lasciato ci dal maestro che prende le mosse la comunità cristiana. Gli Atti degli Apostoli ci documentano questi inizi per opera dello Spirito Santo. Le origini della chiesa segnano l’avvio di un cammino, e la condizione per conoscere sé stessi, gli altri Dio. Il momento nel quale Filippo compare nell’episodio degli Atti è un momento di divisione all’interno della comunità di Gerusalemme (Atti 6).

Tutti sono ebrei, ma una parte viene dalla diaspora (ellenisti) e l’altra è originaria della Palestina (ebrei). Nel convertirsi al cristianesimo e se hanno portato all’interno della comunità la divisione tra ebrei più importanti ed ebrei ma importanti. Allora per risolvere il problema del “servizio alle vedove” gli apostoli si riservano in proprio il servizio della Parola, mentre i Diaconi il servizio ai poveri e agli ultimi. In occasione del martirio di Stefano scoppia a Gerusalemme una persecuzione contro i cristiani ed allora alcuni per paura si allontanano. Tra questi ricordiamo il diacono Filippo che si mette in cammino per andare a predicare, ad evangelizzare. Inizialmente va in Samaria, poi scende in Giudea e quindi per ordine di un angelo si reca in una strada deserta. Filippo obbedisce all’iniziativa divina e incontra l’etiope che sta per tornare a casa sua. La missione è opera di Dio e noi siamo, spesso senza capire fino in fondo, semplici collaboratori dell’opera di Dio. Mentre l’etiope sta leggendo il testo del profeta Isaia, Filippo cerca di entrare in relazione con lui. I due hanno in comune qualcosa di molto importante e Filippo entra in relazione con una domanda che esplicita al suo interlocutore. Tutti e due appartengono alla tradizione di Israele, e dunque all’ascolto della Parola, mentre il loro segreto è Gesù , rivelatore di quella parola, specialmente di quella trasmessa dal profeta Isaia. Ospitato dall’eunuco Filippo sale sul carro e gli si siede accanto. Fa così con lui un tratto di strada, per annunciare il Vangelo occorre entrare nella ricerca di un altro, ma per poter arrivare a tanto occorre essere “per via”, in ricerca. Filippo si lascia istruire dalle domande del suo interlocutore, così che l’annuncio di Dio rivela all’altro la risposta che attende. Chi dona il Vangelo lo riceve di nuovo, e nuovo. L’etiope sta leggendo il quarto canto del servo di Jahvè (capp 52 e 53).   Si parla di uno, che ha subito un ingiusta violenza e la cui vita è stata brutalmente interrotta prima che potesse avere un seguito in una discendenza. Eppure, egli era il Servo di Dio e avrà successo. Leggendo del servo di Dio, infatti l’etiope deve essersi spontaneamente identificato con la sua vicenda. Filippo finalmente gli annuncia Gesù, Servo di Dio, profeta condannato ingiustamente. Alla violenza non ha Gesù risposto con la violenza. La sua vita è stata interrotta prima di poter portare frutti abbondanti. Così, almeno è sembrato a molti… Ma alcuni lo hanno incontrato vivo dopo la sua morte, e lo hanno riferito ad altri. Il frutto di questo evento è che la vita di chi ha incontrato Gesù è profondamente cambiata. La morte di Gesù è stata la paradossale rivelazione dell’amore del Padre, amore mite, tenace, capace di superare nella misericordia , l’abisso scavato dal peccato degli uomini e alla fine anche la morte stessa. Rimanere Figlio di questo Padre e fratello dei peccatori .Gesù ha reso possibile nel suo perdono l’accoglienza di tutti in questa figliolanza. Ed ora questo Servono d’ascendenza immensa. A questo punto l’etiope chiede e riceve il Battesimo. E subito dopo Filippo scompare, rapito dallo Spirito. Tuttavia l’eunuco riprende la sua strada pieno di gioia perché ormai è capace di camminare da solo. E in Gesù non potrà più perdere neppure Filippo, che riprende la sua itineranza e dopo la prova e il dono della strada ritrova la città. Dopo questo singolare evento Filippo svolge il suo ministero a Cesarea (Atti 21) , la sua casa è aperta all’ospitalità e le sue figlie esercitano il compito di profetesse.

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