“Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni verso gli altri”(Gv 13,15)
La carità consiste nell’amare gli uomini dello stesso amore con cui Dio li ama. Il maestro di Nazareth ha fatto della carità verso il prossiomo il banco di prova dell’amore che portiamo a lui. Contro la carità esiste un peccato, quello di omissione, o, come direbbe Lèon Bloy, “reato di non amare”. Guardiamo in faccia questo peccato, pensiamo alle cose che avremmo dovuto fare. Non aspettiamo domani per studiare e risolvere lo spaventoso problema della fame e quello non meno grave delle popolazioni sottosviluppate che vivono ad un livello infraumano. Apriamo gli occhi ed il cuore a questo problema scottante e cooperiamo attivamente con tutti gli uomini di biuona volontà, anche se è sempre difficile pensare al prossimo, prendere a cuore i bisogni, mettersi nei suoi panni, ma a questo siamo chiamati i cristiani. Tutti noi, in quanto discepoli di Gesù, abbiamo il compito di diffondere tra il prossimo luce, gioia, calore, attingendoli a quella sorgente di certezze che si trova dentro di noi. Infatti il precetto del Signore ci dice: “ Amerai il prossimo tuo con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze”. Davanti ad un commovente invito ciascuno di noi deve riflettere sul vero e proprio reato di non amare. Il cristiano non è uno che si salva l’anima per conto suo, senza curarsi degli altri, è uno che si salva l’anima, si, ma che intanto aiuta con l’impegno gli altri a salvarsi cio che da noi si richiede è che diventiamo i rivouzionari della carità cristiana: da questo segno Dio ci riconoscerà, poichè nell’amare saremo giudicati alla fine della vita. E da questo segno ci riconosceranno i nostri contemporanei, che credono più ai fatti che alle parole.