Ci è stato ricordato che noi dobbiamo amare Dio “con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente”. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. Il secondo è simile al primo: “Amare il prossimo tuo come te stesso” (Mt 22,37-39).
Questi due precetti siamo invitati ad osservare, perché Egli si attende da noi l’attuazione di ciò. L’obbedienza a Dio si manifesta così, altrimenti la nostra vita non è una risposta vera. Molte persone dicono di non amare Dio sufficientemente (1 Gv 4,10), ma quando attraverso letture, preghiere o esperienze di vita scoprono che Dio li ama, ne rimangono scossi e cominciano ad amarlo. Ho in tal modo inizio un pellegrinaggio dentro quel mistero dell’amore che è Dio. Amare è fondamentalmente un’esperienza divina: modello di ogni amore è il modo con cui Dio ama, L’apostolo ed evangelista Giovanni scrive: “Dio è amore” (1 Gv 4,16). Noi lo possediamo in consegna, come dono fattoci da Lui.
Spesso riflettendo sui vari eventi pensiamo che non sia vera l’idea che Dio ci ama, dimenticando che esiste anche il male, e la sofferenza. La prima nota è la libertà, perché senza libertà saremmo incapaci di amare davvero.
Di questa libertà spesso facciamo cattivo uso, sia personalmente che comunitariamente. La seconda nota è l’incarnazione del figlio di Dio che diventando uomo ha accettato la condizione umana (eccetto il peccato) e le ha conferito un significato e un valore nuovo. Dobbiamo aver fiducia in Dio: è facile farlo quando le ragioni di fiducia sono ovvie, ma è assai diverso quando non lo sono.
Molte volte Dio ci chiede di continuare il nostro pellegrinaggio attraverso la vita al buio, ma sempre fiduciosi. La fiducia è una prova d’amore. Noi siamo stati creati per amare Dio: questo è lo scopo per cui siamo fatti.