Una riflessione riguardo la rubrica “Gesù ha i suoi nomi”
Ogni preghiera cristiana inizia invocando il Nome del nostro Dio, che è Padre, Figlio e Spirito Santo. Non è solo un modo fra gli altri di invocare il Signore, ma è il modo più autentico, che ci ricorda l’opera stupenda di Dio per la nostra salvezza. San Paolo afferma: “Chiunque invocherà il Nome del Signore sarà salvato” (Rm 10,13).
E il Catechismo della Chiesa Cattolica spiega: “Il suo Nome è il solo che contiene la Presenza che esso significa. Chiunque invoca il suo Nome accoglie il Figlio di Dio che lo ha amato e ha dato se stesso per lui” (CCC n.2666). Abbiamo iniziato un percorso alla scoperta dei nomi che nei Vangeli vengono attribuiti a Gesù. Siamo infatti consapevoli che quanto più si comprende che in Cristo è svelato il Nome di Dio, tanto più se ne scoprono l’identità e, di conseguenza, la grazia e la salvezza che nel suo Nome sono offerte all’umanità intera.
Non si tratta di una sola conoscenza intellettuale, ma di rendersi conto che il cristiano, agendo nel nome di Cristo, opera con la medesima efficacia, perché la potenza di questo santo Nome pervade la vita: “Nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti, imporranno le mani ai malati ed essi guariranno” (Mc 16,17).
Invocare il Nome di Gesù, secondo Origene, infonde anche una dolcezza meravigliosa nell’animo, assicura la purezza della vita, ispira sentimenti di umanità, generosità e mitezza (Contra Celsum I, cap.67). È il nome che pervade la mente e il cuore di chi lo invoca e rende presente la salvezza che Dio ci ha donato.
TIBERIO CANTANBONI