La morte è vinta
Dice l’ultima parte della preghiera del Prefazio: “Il Figlio tuo , con una morte veramente beata, vince per sempre la nostra morte”. Ecco il punto centrale della festa di Pasqua: nella morte di Gesù, la nostra morte, anche se conserva la sua realtà biologica non è più né una fine oscura né un termine disperato né un’uscita di sicurezza verso il nulla. Essa è una realtà vinta, domata nella sua ferocia così da non dover più dominare i pensieri e le previsioni dell’uomo. Al contrario, pensieri e progetti riguardanti l’umano possono assumere una dimensione e una sicurezza che è data loro dalla possibilità di comunicare alla perpetuità di vita propria di Dio stesso e che ci è data nel Cristo Risorto. La liberazione dalla morte è liberazione che condiziona tutto il resto e apre la via a ogni progetto costruttivo, duraturo, di speranza sull’umano e sulla storia. Proviamo a domandarci se per noi è così. Chiunque di noi è credente almeno un poco, chi ha almeno un granello di fede, sa che la propria visione della vita lascia in realtà uno spazio per la vita eterna, per una vita che non finirà mai, in grazia della Redenzione di Cristo. Questa apertura verso la vita eterna determina un modo di vivere e di pensare che è illuminato dalla luce della Pasqua. Che cosa avverrebbe di noi se lasciassimo entrare nella nostra vita questa luce, non soltanto da uno spiraglio, ma spalancandole porte e finestre così si aprono porte e finestre al sole di primavera? Quale modo diverso di vedere il nostro lavoro, i nostri rapporti di famiglia, spesso tesi e freddi, le malattie reali o temute, le sofferenze nostre o dei nostri cari, i distacchi dolorosi che ci segnano o ci segneranno inesorabilmente! Alla luce della Pasqua tutto può avere un senso e un tono diversi, tutto e suscettibile di essere redento dalla speranza.
Al sepolcro, chi cerchi?
La pagina evangelica ci presenta la domanda di Gesù alla donna: “Chi cerchi?”. Per san Giovanni è una domanda molto significativa perché è la prima parola in assoluto che Gesù ha detto all’inizio del suo ministero pubblico. Nel quarto Vangelo infatti, quando i due discepoli di Giovanni Battista si avvicinano a Gesù per sapere chi è, Gesù risponde: “Chi cercate?”. Ed ora, al termine del racconto evangelico secondo Giovanni, ritorna questa parola: “Chi cerchi?”. Cioè tu cerchi qualcuno. È la domanda che il Risorto rivolge all’uomo: tu cerchi qualcuno che ti asciughi le lacrime, che ti ami con amore fedele, che ti salvi; tu non sai chi cerchi ma stai cercando il tuo Dio. Quando Gesù, la sua Parola e il suo Spirito ci fanno questa domanda, essa risuona potentemente in noi e sentiamo tutta la forza del Risorto: è la nostra Pasqua, vissuta da ciascuno di noi, aprendo la tomba del nostro cuore alla forza del Signore Vivente. Se ascoltiamo questa domanda, se ci sforziamo di rispondervi, allora sentiremo anche noi pronunciare il nostro nome come la donna che sentì Gesù che le diceva: “Maria !”. Maria di Magdala riconosce Gesù solo dopo che lui l’ha chiamata per nome, che ha cioè risvegliato la sua persona, rigenerato la sua libertà, rinnovato in essa la potenza creatrice con cui Dio chiama ogni uomo all’esistenza e gli affida una missione nella vita. “Gesù Risorto, fa’ che noi possiamo andare a fondo del nostro cuore per vedere che cosa cerchiamo, qual è l’oggetto della nostra ricerca senza limiti”. Se preghiamo così, Gesù ci aiuterà e troveremo che cerchiamo una persona, che cerchiamo lui, morto e Risorto per noi. Ci aiuterà a rotolare la pietra del sepolcro della nostra vita riconoscendo che lui è vivo, ora e sempre.
In noi è la vittoria di Cristo
In ogni luogo e in ogni tempo giunge la forza del Risorto e noi siamo chiamati a disporci con una nuova mentalità e una nuova mentalità e una nuova cultura ad accoglierne la potenza. La nostra tristezza che ci porta a rifiutare le parole di conforto, dipende probabilmente, dal fatto che non abbiamo un’idea esatta della liberazione che ci porta la Risurrezione di Gesù. Noi coltiviamo l’idea fantasiosa e illusoria che tutto possa e debba cambiare all’improvviso, che dall’oggi al domani non ci debbano essere malattie, dolori, turbamento sociali, ingiustizie , guerre. E quando vediamo che gli uomini continuano a soffrire, allora siamo presi dalla delusione.
Aspettavano la fraternità, la pace, il disarmo e non avviene niente di tutto questo: domani si riprenderà a fabbricare armi, a uccidere, a fare violenza-. Che cosa vuol dire, allora, la vittoria della Pasqua di Cristo? Come possiamo accogliere la letizia pasquale? Dobbiamo capire che se la vittoria pasquale di Gesù, che noi proclamiamo, riguarda certamente tutto il male del mondo, la morte, il peccato, la guerra, la violenza, le armi essa però parte da noi. C’è anche il tempo e il mondo della vittoria definitiva di Cristo, già presente nella sua Risurrezione, ma non possiamo sapere questo tempo e questo modo. Una cosa è adesso certa: che la sua vittoria avviene anzitutto in noi. Avviene in me, avviene in voi che proclamate con me la Risurrezione e, attraverso noi, avviene nella comunità, nella città, nella società. Noi siamo la prima opera del Risorto, noi siamo la rivelazione della sua vittoria. Se la nostra libertà accoglie tutte le energie per affidarsi a Cristo e fare spazio al suo amore, noi diventiamo veramente principio di un mondo a partire dalla nostra persona, amata, perdonata oggi, rinnovata dalla presenza viva di Gesù Risorto.