IL ROSARIO E IL MESSAGGIO DI FATIMA – Terza Parte

La storia del Rosario

Nel libro Gli appelli del messaggio di Fatima, Suor Lucia scrive: Dopo la preghiera liturgica del santo Sacrificio della Messa, l’orazione del santo Rosario o corona, per l’origine e la sublimità delle preghiere che lo compongono e per i misteri della nostra redenzione che ricordiamo e meditiamo ad ogni decina, è la preghiera più gradita che possiamo offrire a Dio, e di maggiore profitto  per le nostre anime. Se così non fosse, Nostra Signora non ce l’avrebbe raccomandata con tanta insistenza”. 

Sono alquanto antichi gli inizi del Rosario, il cui nome deriva da una usanza medievale di porre una ghirlanda di fiori, specialmente di rose, sul capo di chi si volesse festeggiare. Una tradizione assai tardiva attribuisce la sua istituzione a San Domenicano, ma questa forma di preghiera è molto più antica, ed è il risultato dell’unione di più elementi che si formalizzarono nell’arco del XII  e del XVI secolo. È noto che fin dall’antichità si usavano una fune a cento nodi per compiere un pari numero di genuflessioni e segni di croce. All’inizio del XII secolo era costume diffuso tra monaci conversi illetterati ripetere più volte (50 oppure 150) i Paternoster e, per tale preghiera, si servivano di coroncine simili ai nostri rosari. In quel tempo si diffuse la pratica delle 150 Ave Maria,  ma solo verso la fine del XV secolo invalse quella di aggiungere il seguito del “Santa Maria”. 

La suddivisione in quindici decine e lo stacco con il Padre Nostro è opera del Monaco Enrico di Kalkar (1328-1408); la meditazione dei misteri fu proposta dal certoisino Domenicano di Prussia negli anni tra il 1410 eil 1439. Poco dopo, il domenicano Alano de la Roche, apostolo ardentissimo del Rosario, ridusse i misteri nella triplice partitura dell’incarnazione, passione e morte, gloria di Cristo e di Maria. Un’ulteriore riduzione avvenne con Alberto da Castello nel 1521 che portò i misteri da meditare a quindici. Il tocco finale fu dato da San Pio V, definito “primo papa del rosario” con la bolla Consueverunt Romani Pontifices. A lui, ancora, se deve la festa del Santo Rosario nella prima domenica di ottobre a ricordo della vittoria di Lepanto.

Da allora il magistero pontificio si è arricchito di documenti per esaltare l’efficacia di questa preghiera cristocentica, alla portata di tutti, semplice ed indicata contro le eresie e i grandi pericoli per l’umanità, per conservare la fede, operare conversioni, ottenere la pace e affidare a Maria il ritmo della nostra vita quotidiana. Leone XIII scrisse ben dodici lettere encicliche e due lettere apostoliche; Pio XII, una enciclica e otto lettere. Onorarono pure il Rosario, in modo particolare, Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II. 

In tutti troviamo espressioni che esaltano questa preghiera, quale sintesi del Vangelo, tale da favorire la contemplazione dei misteri di Cristo e dare lode a Dio con gli occhi, lo spirito e il cuore della Vergine Maria. Per queste ragioni, San Giovanni Paolo II, il Papa dal motto mariano Totus tuus, nella Lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae ha scritto: “Quante grazie ho ricevuto dalla Vergine Santa attraverso il Rosario… se riscoperto nel suo pieno significato, porta al cuore stesso della vita cristiana un’ordinaria quanto feconda oppurtunità spirituale e pedagogica per contemplazione personale, la formazione del Popolo di Dio e la nuova evangelizzazione” (nn. 2-3).

A.M. CAREGGIO

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