Che cosa dicono diGesù e dei cristiani i musulmani di oggi? Non del passato, si badi, ma di oggi, perché è con essi che i cristiani devono stabilire rapporti di amicizia e di dialogo. Infatti i musulmani che arrivano in Europa, dai paesi a maggioranza islamica portano con sé il bagaglio culturale e affettivo che è giunto ad essi sia attraverso l’insegnamento del Corano, sia attraverso l’educazione che hanno ricevuto nella famiglia e nella scuola, attraverso l’ambiente in cui hanno vissuto.
Che cosa dice il corano di Gesù e dei Cristiani?
La prima e la più importante fonte del modo di pensare e di vivere dei musulmani è il Corano. Com’è noto, in molte parti di esso si parla di Gesù e dei cristiani senza che si indichi in quali circostanze e in quali momenti del suo lungo ministero siano state «dettate» a Maometto le rivelazioni che li riguardano. «Il Corano non è opera di Maometto, ma è un libro rivelato da Allah al profeta Maometto mediante un angelo. Esso deriva da un archetipo conservato in cielo, chiamato «Madre del Libro». Allah lo ha «fatto scendere» su Maometto in una «notte benedetta» e poi lo ha rivelato successivamente a frammenti, cosicchè un frammento posteriore può abrogarne uno anteriore. Il Corano è «Parola di Allah»: perciò è «infallibile»e nessun uomo può alterarlo. Esso è «inimitabile» e conferma i messaggi profetici contenuti nei libri precedenti, cioè la Torah (legge) ebraica e al Injil (il Vangelo sempre al singolare). Il corano è composto di 114 capitoli detti sura, ognuna delle quali è divisa in versetti (detti ayat, cioè «segni» o miracoli di Allah) Le sure non sono disposte né in ordine cronologico , ne in ordine logico, ma secondo la loro lunghezza: cosi la sura 2, la prima, della Fatiba di soli 7 versetti è da considerarsi a parte, consta di 286 versetti, mentre la sura 14, che è l’ultima , ne ha soltanto 6». In realtà Maometto, ha predicato, per 23 anni, prima alla Mecca dal 610 al 622 e poi a Medina, dal 1622 al 1632, anno della sua morte. Lungo il suo ministero, le situazioni in cui egli è venuto a trovarsi sono state molto varie e non di rado drammatiche, la più grave è stata l’opposizione degli abitanti della Mecca alla sua predicazione; opposizione che lo ha costretto alla Higira (16 luglio 622), cioè a «migrare» a Medina, la quale da questo momento diviene la «Città del Profeta». I rapporti tra Maometto e i cristiani sono stati diversi nel periodo meccano e in quello medinese: è infatti in quest’ultimo periodo che l’Islam prende coscienza della propria originalità rispetto al’ebraismo e al cristianesimo e si distacca da essi, anzi si oppone ad essi in maniera radicale, accusandoli soprattutto soprattutto di aver falsificato le Scritture e di non voler riconoscere in Maometto il Messaggero di Dio e nella sua predicazione la Parola di Dio, ultima e definitiva. Ecco perché è importante distinguere la rivelazione di Allah «discesa» su Maometto nei due periodi. La distinzione serve non soltanto a rilevare le differenze, ma anche le apparenti contraddizioni tra quello che si dice in una sura del periodo meccano e quello che si afferema in una sura del periodo medinese. Così per quanto riguarda l’atteggiamento di Maometto verso i cristiani , esso è più benevolo nel periodo meccano, nel quale egli ritinene che la sua predicazione sia vicina alla predicazione cristiana, mentre è molto aspro nel periodo medinese, quando egli si rende conto che i cristiani sono «miscredenti» e quindi vanno combattutti come negatori del monoteismo che egli predica con sempre maggior vigore. Maometto che cosa predica di Geù e dei cristiani nel periodo meccano? La sua predicazone, inquesto periodo, è diretta soprattuto agli appartenenti alla sua tribù, i qurayshiti, i quali sono Politeisti. Il suo sforzo maggiore è quindi quelo di affermare il monoteismo. Perciò soltanto in pochi versetti, 57 in tutto, si parla di Gesù e di sua madre. Essi si trovano in massima parte nella sura 19, detta «sura di Maria», in cui si ha la prima trattazione coranica delle storie, attinte ai vangeli apocrifi, ma con qualche vago riferimento al Vangelo di Luca (1,26-38), riguardanti Giovanni Battista, Maria di cui si afferma la concezione verginale di Gesù e Gesù stesso. Così nei versetti 2-15 si parla dell’annuncio fatto a Zaccaria, il quale, secondo la sua richiesta, di avere un erede, avrà un figlio il cui nome sarà Yahya (Giovanni). Nei versetti 16-33 si parla di Maria, a cui l’angelo Gabriele annuncia che avrà un figlio: «ricorda nel Libro (il Corano), Maria, quando si ritirò dalla sua famiglia in un luogo verso Oriente. Ella pose tra sé e loro un velo. Le inviammo il Nostro Spirito (l’angelo Gabriele), che le si presentò sotto forma di un uomo perfetto. Ella disse: “Mi rifugio contro te presso il Misericordioso. Se sei pio (non avvicinarti a me )”. Egli disse» “Sono infatti un Messaggero del tuo Signore per farti dono di un figlio puro”.
Ella disse: “Come avrei un figlio, allorchè nessun uomo mi ha toccata, e non sono una prostituta?”. Egli disse: “Così sarà! Mi è facile, ha detto il tuo Signore! E noi faremo di lui un segno per la gente e una misericordia da parte nostra. È già deciso”. Ella fu messa incinta (del bambino) e si ritirò con lui in un luogo lontano. Poi i dolori del parto la condussero presso il tronco di una palma, e disse: “Me infelice! Fossi morta prima di questo momento! E fossi completamente dimenticata!. E la chiamò una Voce di sotto la palma: “Non rattristarti, che il Signore ha fatto sgorgare un ruscello ai tuoi piedi: scuoti verso di te il tronco della palma e questa farà cadere su te datteri freschi e maturi. Mangiane dunque e bevi e asciuga gli occhi tuoi! E se tu vedessi qualcuno, digli: “Ho fatto voto al Misericordioso di digiunare e non parlerò oggi ad alcun uomo”. Poi venne col bambino alla sua gente portandolo in braccio. “O Maria, le dissero, tu hai fatto una cosa mostruosa. O sorella di Aronne! Non era tuo padre un uomo malvagio né fu peccatrice tua madre!”.
Ed essa indicò loro il neonato, e dissero: “Come parleremo noi a chi è ancora nella culla bambino?”. Egli disse: “In verità io sono il Servo di Dio, il quale mi ha dato il Libro e mi ha fatto Profeta, e mi ha benedetto dovunque io sia e mi ha prescritto la Preghiera e l’Elemosina finchè sarò in vita, e non mi ha fatto dolce con mia madre, e mi ha fatto violento e scellerato. Sia pace su di me, il dì che nacqui e il dì che muoio e il dì quando sarò suscitato a Vita”.
A proposito di questo testo si può notare che esso prende gli elementi più numerosi dai vangeli, dell’infanzia specialmente dal Vangelo dell’infanzia del Salvatore, di cui osserva C.M. Guzzetti, ci è giunta un’antichissima versione araba. Si può notare anche che la nascita di Gesù, avvenuta a Betlemme in una stalla, come narra l’evagelista Luca, è posta dal Corano sotto una palma, in uno scenario che ricorda molto da vicino quello tipico degli arabi del deserto. Si può notare ancora che già dai primi testi della predicazione di Maometto è negata la filiazione divina di Gesù. Ecco, infatti, quello che è detto di Gesà nei versetti 34-35 della stessa sura 19: “Questi è Gesù, Figlio di Maria, secondo parola di verità che alcuni mettono in dubbio. Non è da Dio prendersi un figlio; sia gloria a Lui! Quando Egli decide una cosa basta che dica: “Sii ed essa è”. Gesù è detto “figlio di Maria” per sottolineare che egli non è “figlio di Dio”: perciò quando nel Corano si parla di Gesù, si aggiunge normalmente “figlio di Maria”.
Si afferma infatti che “non è da Dio prendersi un figlio” e che Gesù è una “creatura” di Dio. Egli ha la missione di indicare agli uomini la retta via. Dice infatti: “Allah, è il mio Signore, come Egli è il vostro Signore. Adoratelo dunque. Ecco una retta via” (sura 19,36). In realtà Maometto inserisce Gesù nella lunga lista dei profeti, che parte da Abramo e la cui missione è di “osservare la religione” sura 42,13. In particolare, per Maoemetto, Gesù è un “servitore di Allah”. L’insegnamento del Corano, alla Mecca, su Gesù si conclude con il versetto 50 della sura 23: “Facemmo del figlio di Maria e di sua Madre un Segno, e demmo loro rifugio su un’altura tranquilla e irrigata di fonti”. Commenta il p. Bormans: “Si tratta qui di un segno intenzionalmente voluto da Dio a beneficio dell’universo intero e realizzato, sembra, dal suo Spirito che opera in Maria e nel suo figlio”.
GIUSEPPE DE ROSA