“Fratelli, non abbiamo portato nulla nel mondo e nulla possiamo portare via. Quando dunque abbiamo di che mangiare e di che coprirci, accontentiamoci. Quelli che invece vogliono arricchirsi, cadono nella tentazione, nell’ inganno di molti desideri insensati e dannosi, che fanno affogare gli uomini nella rovina e nella perdizione. L’ avidità del denaro, infatti è la radice di tutti i mali” [1 Tim 6, 7-10]
Ascoltando questo comandamento pensiamo al tema del furto e al rispetto della proprietà altrui. Ma ascoltiamo prima cosa dice il Catechismo: “All’ inizio Dio ha affidato la terra e le sue risorse alla gestione comune dell’umanità, affinché se ne prendesse cura, la dominasse col suo lavoro e ne godesse i frutti. I beni della creazione sono destinati a tutto il genere umano” (n°2403). Il mondo, infatti, è ricco di risorse sufficienti per assicurare a tutti i beni primari. Eppure molti vivono in una scandalosa indigenza e le risorse, usate senza criterio si vanno deteriorando, vanno sperperate e, spesso, buttate via. Questo perché la ricchezza del mondo è nelle mani di pochi, mentre il resto del mondo vive al di sotto della soglia della povertà. Ciò che manca fondamentalmente, è una libera e lungimirante imprenditoria, che assicuri un’ impostazione solidale che preveda un’ equa distribuzione della ricchezza e dei beni. Ogni ricchezza, per essere buona, deve avere una dimensione sociale. Nessuno è padrone assoluto dei beni, è invece un amministratore dei beni, e ogni bene sottratto alla logica della Provvidenza di Dio, è tradito nel suo senso più profondo, è rubato ai poveri. Non rubare vuol dire: ama con i tuoi beni, approfitta dei tuoi mezzi per amare come puoi. Allora la tua vita diventa buona e il possesso diventa veramente un dono. Perché la vita non è il tempo per possedere, ma per amare.