Dal Vangelo Secondo Matteo Mt 10,26-33
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: “Non temete gli uomini poiché non v’è nulla di nascosto che non debba essere svelato, e di segreto che non debba essere manifestato. Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio predicatelo sui tetti. E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; piuttosto colui che ha il potere di far perire e l’anima e il corpo nella Geenna. Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia. Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati; non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri! Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli”.
Prosegue questa domenica il lungo discorso apostolico, di cui abbiamo ascoltato l’inizio domenica scorsa. Gesù usa molte immagini in questo passo per rappresentare il senso della testimonianza. Soffermiamoci e proviamo a interiorizzarne una: “Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce”. Al di là della suggestione visiva che può provocarci la scena, pensiamo al forte contrasto tra il buio e la luce, cerchiamo di capire cosa vuol dire Gesù con queste parole. Spesso nel Vangelo egli usa la metafora della luce che, in un certo senso, è “l’immagine” per eccellenza. Però di solito questa luce sta a simboleggiare Gesù stesso. Pensiamo al Prologo del Vangelo di Giovanni: “Veniva nel mondo la luce vera” (Gv 1,9), o ancora, al capitolo 8 dello stesso Vangelo, quando Gesù dice: “Io sono la luce del mondo” (Gv 8,12). Nella vocazione di San Matteo del Caravaggio, è dalla mano, anzi dal dito, di Gesù che proviene la luce che va poi a irradiare tutta la scena. Nel brano di questa domenica, invece, egli dice agli Apostoli di annunciare nella luce ciò che ha annunciato loro nelle tenebre. La gente non può comprendere appieno il suo messaggio, soprattutto dal momento che egli non è ancora morto e risuscitato. Così, nella sua predicazione, Gesù usa per lo più immagini, metafore, parabole. Il suo è dunque un linguaggio velato. Per gli Apostoli, però, arriverà un momento in cui dovranno annunciare il messaggio cristiano, che ha il suo cuore nella morte e risurrezione di Cristo. Dovranno dunque gli Apostoli stessi farsi luce per gli altri. Un mandato simile non può spaventare (anche perché subito dopo Gesù allude a degli uccisori, e dunque a una possibile morte). Gesù lo comprende bene, e anticipa i pensieri e le parole dei discepoli: “Non abbiate timore: voi valete più di molti passeri”. Gesù rassicura gli Apostoli, e quindi anche noi, sulla certezza della sua vicinanza, della sua cura e del pensiero costante per noi, per la nostra vita, per la vita di chiunque si metta in gioco per il Vangelo. Quanto la sentiamo, quanto crediamo in questa vicinanza costante del Signore nella nostra vita? Chiediamogli allora non di esserci vicino, ma di “farci sentire” che Lui ci è sempre vicino!